venerdì 22 aprile 2011

Barbiana

 Lettera aperta al Presidente della Repubblica
                       on. Giorgio Napolitano

                                                        11 Aprile 2011


Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti
di quell'unità nazionale che lei rappresenta.
Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benchè
nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere
cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che
si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi
hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura
di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in
discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra
gli addetti ai lavori.
Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta
indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci
portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori
di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e
maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte
al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il
diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla
disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non
posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è
d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore
le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono
la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste ( cioè
quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché
siano cambiate”.
Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo
ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi,
addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo
all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai
giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a
buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.
In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto
investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere
sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero
contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato
che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese
integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza
dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa
come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con
varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da
cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.
Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma
in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti
nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo
l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.
Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo
di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta
che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il
custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per
chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente,
chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a
creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra
la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a
promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione.
Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte
alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale
oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via
si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni,
discriminazioni.
Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con
gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso
l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico:
questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo
spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le
proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il
suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di
tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli
anche lei.

Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali
saluti

Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido
Carotti, Mileno Fabbiani,
Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo
Martinelli, Aldo Bozzolini

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