domenica 17 settembre 2017

Helsinki - In viaggio

Sono partita alla ventura.
Con un biglietto aereo, con un alloggio e con alcuni appuntamenti nei prossimi giorni; ma senza alcuna idea di dove sto andando. Non so come arriverò dall'aeroporto al centro, non so se ci sia il tram o la metropolitana, non conosco i piatti tipici, le usanze, i musei.
Per me Helsinki è un posto su a nord, dove c'è stata a un certo punto, circa diciotto anni fa, la possibilità di andare a vivere, a cominciare la vita adulta. Avevo già il  bagaglio pronto; invece, no. Allora sapevo che avrebbe fatto freddo e che ogni casa aveva una sauna. E che vi si parla una lingua che, come l'ungherese, non somiglia a niente.

Questa mattina ho preso un volo con scalo; e solo ora che sono seduta a un gate dell'aeroporto di Berlino, la Finlandia comincia a prendere forma. Di fronte a me siedono due ragazze dalla pelle lattiginosa e gli occhi opachi, con qualcosa di animale, e i tatuaggi che scorgo sulle loro caviglie mi fanno pensare a riti antichi. Più degli stessi tatuaggi sulla pelle di tanti altri ragazzi incrociati in tutta Europa, chissà perché. Una di loro ha guance piene e una boccuccia piccola sul mento rotondo, un broncio da bambina sotto occhi con un trucco pesante. C'è qualcosa in quest'incarnato pallido che mi attrae. Probabilmente nel giro di vent'anni crollerà; ma ora, nonostante la sua aria scafata, la sua curvilinea serietà è deliziosa. L'amica ha una frangia pesante di capelli troppo scuri e con un'ombra rossa, probabilmente tinti. Le iridi chiare mettono a fuoco punti lontani; neppure lei ride.

Due giovani vihinghi siedono a terra. Di un biondo giallastro, uno ha baffetti corti, l'altro la barba lunga. Parlano questa lingua che imparerò ad ascoltare. A tratti, ruttano.

Mi imbarco.

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