giovedì 2 gennaio 2014

Ritorno

Dulce Maria Cardoso, Il ritorno
Angola, 1974. La famiglia di Rui ha atteso a lungo prima di andarsene, ma ormai dei loro vicini non è rimasto più nessuno; da un anno le strade sono piene di ribelli, uscire da soli è diventato pericoloso, a volte qualcuno sparisce per non fare più ritorno. Oggi anche Rui e i suoi saliranno su un aereo per la Madrepatria. La giornata scorre lenta, le decisioni ancora da prendere riguardano gli oggetti da portare con sé nel bagaglio, necessariamente leggero, e da abbandonare, magari bruciando quel che resta perché nessuno possa goderne al posto loro. La scelta è semplice per Rui e sua sorella, ancora adolescenti, più dolorosa per la loro madre, debole di nervi e costretta a lasciare dietro di sé i ricordi di una vita. All'improvviso però qualcuno suona alla porta: sono soldati ribelli, che arrestano il padre e lasciano la famiglia attonita e smarrita. Si imbarcano comunque, con l'aiuto di uno zio omosessuale che non intende partire, e diventano "retornados": profughi nel proprio Paese, senza denaro senza abiti e senza un luogo dove andare, sono ospitati a spese dello stato in un hotel lussuoso ma sovraffollato, dove il disordine e il degrado avanzano di giorno in giorno. In questa situazione sospesa, Rui rimpiange gli amici di un tempo e ne conosce di nuovi, si ribella ai professori, corteggia qualche compagna di scuola e fa le sue prime esperienze sessuali; ma allo stesso tempo prova a convivere con il senso di colpa per non essere riuscito a salvare suo padre, e matura la consapevolezza di essere il nuovo capo famiglia e di doversi prendere la responsabilità del futuro proprio, di sua madre e di sua sorella; in una parola, cresce. Il ritorno è dunque un romanzo di formazione, narrato dalla voce dello stesso Rui, con la delicatezza e la cruda violenza della sua età. Illusione di onnipotenza e grande smarrimento, rispetto e tradimento dell'amicizia, ottusa ribellione e senso di responsabilità, desiderio di chiassosa compagnia e ricerca di un posto solo per sé, sfida delle regole comuni e profondo senso di giustizia: tutte contraddizioni che Rui affronta con gli strumenti ancora poco raffinati di un ragazzo, e pure con un disinvoltura che gli permette di destreggiarsi e cavarsela sempre, nella faticosa conquista di se stesso. E pure, ne Il ritorno c'è dell'altro. Fin dall'inizio Rui, ragazzo, intriso di futuro, vive una nostalgia non sua, il rimpianto di una Madrepatria che non ha mai conosciuto. Ascolta i racconti di sua madre, storie di povertà e miseria, e ne coglie - con la nostalgia di luoghi e di persone, e il rimpianto per un clima più vivibile - anche il desiderio per qualcosa di perduto, un futuro luminoso che non c'è stato, e per una terra che sia Casa. Non si fa cogliere dalla malinconia, Rui; sa che suo padre lo vuole uomo, e come lui comincia a costruire un domani solido, certo che la fatica porti la giusta ricompensa. Ascolta su madre, ma anziché riandare a un passato che non conosce, trasforma anche il rimpianto in desiderio per un paese di sogno, dove le ragazze sorridono e  portano ciliegie come orecchini. Poi, il ritorno diventa reale. Non un desiderio o un timore, ma un semplice fatto doloroso; e Rui si trova privato di tutto, del suo nome perfino, nella scuola di un Paese che non lo riconosce, dove lui e gli altri come lui si equivalgono e possono, devono rispondere al nome di Retornados. Ritornati. Proprio loro che in Madrepatria non erano mai venuti, loro nati e cresciuti altrove, loro che altrove esistevano e avevano un futuro e che qui ne sembrano privati. Retornados, reduci di un viaggio a ritroso, dalla terra dove qualunque cosa fiorisce a un luogo grigio e freddo e spoglio, che non li vuole. È una cosa da vecchi, il ritorno, spetta a chi ha già vissuto. Scelta coraggiosa, quella di farlo raccontare a chi vive il tempo mobile di quando si è ragazzi, che sfugge sempre in avanti, o all'indietro, senza lasciarsi mai cogliere.