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giovedì 14 agosto 2014

Libertà


Grazie, Wired.



I media decidono “perché” ci si uccide. Di Robin Williams e del “discorso” che esorcizza la libertà degli umani

(foto: Getty Images)
(foto: Getty Images)
Decidono alla velocità della luce. Era depresso. Si è ucciso. Ciò che è detto in California, è detto ovunque. La diagnosi avvolge l’universo informativo alla velocità elettrica che porta l’informazione. Eppure, che qualcuno desse la sua versione della tua libertà, è ciò che accadeva quando ci riscaldavamo con i tocchi di legno.
Non è una novità. Ma quando succede per un personaggio che tutti conoscono lo noti ancora di più. Questa forza dei media di dotare l’evento di un senso che entra a far parte dell’evento stesso. Che riconosci come falso, ma non riesci a fermare, come un cattivo odore nell’aria. “Lui si è ucciso perché era depresso”. Ecco che la “realtà” è costruita. E i social media rafforzano lo strato di pregiudizio, solidificano la convinzione planetaria, la rendono inscalfibile pena lo stigma e la condanna del contestatore.
A questo punto i politici possono dare il via al loro delirio. Ed è quasi normale che oggi ci sia chi si chiede se non si debba far qualcosa per “prevenire”. La “camicia di forza” sta sempre nell’inconscio della politica, anche di quella più liberale.
E invece bisognerà gridare con tutta la poca forza che rimane, anche se ci si trova da soli, che loro non hanno in mano una prova, come quando decidono il colpevole di una catastrofe. Bisognerà dirglielo, che il nesso fra depressione e suicidio non è mai sperimentalmente provato, se non nel mondo delle loro statisticuzze manipolate e delle loro teorie di medio raggio. Ripetere che psichiatri e psicologi quando escono dal loro studio ed entrano in uno studio televisivo, in una redazione o in un social network sono funzionari dell’ordine sociale, del “non si deve”, del divieto. Come quelli che, nominati consulente di un giudice, “sanno” già che l’imputato è  colpevole perché in realtà non conoscono la linea di confine fra “consulere” e decidere, tra il diritto e le concezioni del mondo. Non stanno al loro posto. Esondano nelle menti altrui.
La libertà di morire non si identifica qui e subito con la depressione. Il desiderio di non andare più avanti, di scendere dal treno non solo non è un reato – come invece avviene negli ordinamenti più criminali – ma è una idea con una sua dignità e una sua continua presenza lungo tutto il corso della vita. Che dice a tutti noi che la morte è realtà, questo è il crimine che chi la pratica commette. Eppure, come scriveva Vladimir Nabokov, “La culla dondola sull’abisso”. Noi “stiamo per” morire, dal momento dalla nascita. Paura eh? Meglio chiamare lo specialista.
Bisognerà pur smetterla di criminalizzare e medicalizzare tutto ciò che la società non approva moralmente. Il riflesso condizionato che fa scattare la misura repressiva sulla base del disgusto o del terrore dovrà spezzarsi una buona volta. E uno di questi modi sarà legalizzare l’eutanasia e il diritto di morire, per dire di un tema contiguo a quello del suicidio “puro”.
Ma anche quello della buona morte è un recinto stretto. Il desiderio di morire non appartiene solo a chi è in metastasi o a chi – trombe dell’apocalisse, suonate – “era drogato”, a questo punto è un sabba di fantasmi neri. Sciocchi.
Si può voler morire perché si è persa l’unica persona che nel mondo desse a te una ragione di vivere, e non c’è nessuna sanità prescritta nel “riprendersi”. Si può voler morire perché, dopo aver fatto tutto quello che di meglio potevi fare nella vita, senti di aver varcato la linea d’ombra e il pezzo in ombra tu non vuoi percorrerlo – e non c’è ciancia di religioso che tenga. Si può “voler” morire perché così senti.
Morire non è solo il diritto del malato. La morte è una idea non-malata. Non dico sana, solo perché non so cosa sia “sana.” E la parola dei media dovrebbe smetterla di piantare le bandierine della banalità e dell’idiozia di senso sopra ciò che non si spiega. La necessità di chi fa i titoli non può limitare la libertà delle persone. Fino a quando non accade questo, la libertà non esiste, e ogni media equivale all’inquisitore seicentesco, che impone il suo senso con la tortura.

mercoledì 6 marzo 2013

Dignità. Autodeterminazione.

Questo signore nella foto si chiama Marcello.
Si chiamava, perché è morto due giorni fa. Io l'ho saputo oggi.
Marcello Verdica.
Marcello Verdica Costantini, dicono i giornali; e io, questo secondo cognome, lo imparo ora.
Il suo nome e la sua foto erano sui giornali di oggi perché Marcello si è suicidato, e non in un modo qualunque: ha commesso un suicidio assistito.

Marcello è una di quelle persone che ci sono da sempre, amico dei miei genitori da che ho memoria. Era a casa sua che passavo tanti sabati pomeriggio, i grandi a giocare a carte, a parlare, chi lo sa; io e mio fratello in giardino con i gatti, o a fare le capriole sulla sedia a dondolo di bambù, oppure se fuori era brutto a osservare la collezione di pietre in salotto, e gli strani quadri in giro per casa, qualche volta perfino ammessi accanto al garage, nel Laboratorio-dove-si-sviluppano-le-foto.
Marcello. Marcello e Sara.

Non bisogna mica pensare, in realtà, a questo signore qui sopra. Quel Marcello là ha sì e no quarant'anni, trentacinque piuttosto; e la barba sì, ma scura. Un giorno, con i miei genitori, decidono di comprare una barca. Una specie di vasca da bagno in vetroresina, con un motorino fuoribordo da quattro cavalli. Ci salgono, tutti e quattro, prendono il largo. Non sono andati molto lontano perché la vasca da bagno, con i quattro giovani adulti scapestrati, è affondata. Non paghi, hanno comperato un gommone, sempre in comproprietà. Motore da venti cavalli, un Ducati.
Io non so se le cose siano andate proprio come racconto, è passato tanto tempo, io ero bambina e capivo quel che capivo; ma me le ricordo così. Ricordo per esempio che le cose, loro, i grandi -i grandi che conoscevo io- le facevano sul serio. C'era il gommone, e quindi c'erano la Gommonata e i Gommonauti. Era un mondo di favole.

Sono gli anni Settanta: gli uomini hanno quasi tutti i baffi e le basette, qualche volta i capelli lunghi; le donne i capelli li hanno lunghissimi o cortissimi, e quando vanno al mare dimenticano a casa il reggiseno - e le nonne si indignano e dicono "Quella là....".

Dai ricordi riemergono poi nomi di cose e persone. Lidio e la Pro Loco. Giancarlo e i Liberali, e la macchina da scrivere con i caratteri corsivi. La Dora, Mario, i referendum... L'AIED, qualsiasi cosa sia, quante volte l'ho sentita nominare! "Mamma ma perché loro non hanno bambini? "Perché non ne vogliono". Mistero... Capivo vagamente che l'AIED in qualche modo c'entrava; ma come, chi lo sa.

Il gommone successivo, Marcello e Sara l'hanno comprato da soli. Era grandissimo, e ci hanno fatto il giro d'Italia e hanno pubblicato le foto su un giornale. E' il ricordo di una bambina, magari sono andati "solo" fino a Ancona. Forse però sono arrivati fino in Grecia; e se ci sono arrivati, di sicuro ci si sono trovati bene. E ci sono andati di nuovo. E poi una volta hanno deciso di restare là, e allora niente più gatti nel giardino della casa, niente più casa, niente più quadri né foto, né Marcello, né Sara.
Li ho rivisti tempo dopo, Sara era su una carrozzella, avvolta in sciarpe e piumoni, troppi per una stagione tiepida. Poi, lei non l'ho vista più.


Oggi so che non vedrò più nemmeno Marcello; perché ha fatto un'altra delle sue scelte decise, senza ritorno e senza esitazioni. E ora tutti i ricordi si ricompongono in un disegno sensato.

Marcello era ammalato. Aveva un tumore al cavo orale per il quale era stato operato una volta, forse due. L'operazione successiva l'avrebbe lasciato incapace di bere, di mangiare, di parlare, senza peraltro garantire nulla sulle probabilità di continuare a vivere. La sua prospettiva era questa: un periodo forse breve, forse lungo o magari lunghissimo (minuto, dopo minuto, dopo minuto...) di vita, senza poter vivere. Unica certezza la sofferenza fisica, che già c'era; e certamente anche emotiva. Terapia del dolore, dunque: ma anche quella, lasciava intontiti, assenti, non permetteva di vivere. Quindi, ancora una volta, la scelta di autodeterminarsi.


Forse dovrei chiamarlo così, questo post: Autodeterminazione. Forse lo farò.
Ma andrebbero bene anche Coraggio, Coerenza, Diritti...
Scegliere, e permettere agli altri di scegliere per se stessi: questa è la lezione di Marcello.



Marcello si è rivolto a un'associazione in Svizzera, perché in Italia voler morire è reato. Non si può, non si deve. In Italia il calice, per quanto amaro, va bevuto fino in fondo. E' morto in esilio, Marcello, in compagnia di una persona coraggiosa che l'ha sostenuto, l'ha accompagnato fin là, e ha atteso con lui. Non so se questa persona abbia voglia di essere nominata, perciò non lo faccio. Ma l'associazione si chiama Dignitas, e si trova qui.



martedì 22 gennaio 2013

M.

Scomparsa.
Ascesa al Cielo.
Trapasso.
Dipartita.
Riposo eterno.
Resa dell'anima.
Passaggio a miglior vita.
Perdita.
Ritorno alla casa del Padre.
Transito.
Sonno eterno.
Estinzione.



Per triste che sia, la fine della vita si chiama Morte.

venerdì 2 novembre 2012

Sacrificio

L'anodo sacrificale è un pezzo di zinco o di alluminio o di un altro metallo meno nobile, con un potenziale inferiore, di quello da proteggere; si applica l'anodo all'esterno dello scafo metallico di un'imbarcazione, o all'elica, per proteggerli dalla corrosione causata dalle correnti che si generano con il movimento dell'acqua e in generale da correnti elettrolitiche.
L'anodo sacrificale è destinato a corrodersi in vece dei pezzi più preziosi; una volta consunto, si butta via e va sostituito. Ogni anodo è accompagnato da un data sheet in cui sono riportate le caratteristiche tecniche, dalle quali si può dedurre quale sarà la sua durata in un dato sistema. E' un modo semplice ed economico per proteggere pezzi importanti.

Nessuno chiede all'anodo se è d'accordo.

Credo che a volte funzioni così anche con le persone.

lunedì 23 aprile 2012

Nostalgia del Tango

Grazie all'amico che mi ha fatto ascoltare questo sorprendente pezzo pieno di contaminazioni, 'sporco', e insieme così puro. Il video è di troppo; molto meglio chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla musica. Immagino che da ballare sia incredibile, solo ad esserne davvero capaci.




mercoledì 2 novembre 2011

Ferita aperta


sabato 3 settembre 2011

mono no aware

Consapevolezza della transitorietà dell'esistenza e delle cose, nel godimento della loro bellezza; dolce malinconia del trascorrere del tempo, e di noi stessi.

Fragile


venerdì 10 giugno 2011

Realismo depressivo

Scrive Graham Lawton -giornalista e divulgatore scientifico- su New Scientist (e io leggo, tradotto, su Internazionale):
"Quando si chiede alle persone di giudicare i loro pregi - competenza, intelligenza, onestà, originalità, affidabilità e molti altri - quasi tutte si collocano sopra la media. E con i difetti succede la stessa cosa: la maggior parte pensa di averne meno della media. [...] E la maggioranza è convinta di essere meno propenso della media ad avere un'alta opinione di sé. [...] Lungi dall'essere patologiche, però, le illusioni positive sono ritenute l'indice di una mente sana. Chi non le ha è più a rischio di depressione, uno stato noto come realismo depressivo."

Sono giorni, e notti, che questa definizione, realismo depressivo, continua ad echeggiare; sembra giunto il momento di ascoltare, approfondire, mettere a fuoco. E, visto il tema scottante e la relativa carenza di fonti, mi addentro per una volta nella e-jungla a scegliere, semplicemente, quelle che mi piacciono, o mi interessano di più.

Nella jungla incontro un tale Chris Putnam:
"This theory puts forward the notion that depressed individuals actually have more realistic perceptions of their own image, importance, and abilities than the average person. While it’s still generally accepted that depressed people can be negatively biased in their interpretation of events and information, depressive realism suggests that they are often merely responding rationally to realities that the average person cheerfully denies. [...] These problems put therapists in the curious position of teaching patients to develop irrational patterns of thinking—patterns that help them view the world as a rosier place than it really is. [...] It’s a disconcerting concept. It’s certainly easier to think of the mentally disordered as lunatics running about with bizarre, inexplicable beliefs than to imagine them coping with a piece of reality that a “normal” person can’t handle."

Ora: a parte che questa nota è scritta davvero bene, per il resto non c'è niente di nuovo; anzi, scopro che le osservazioni di questa notte, così come la nota di Putnam, l'articolo di Lawton e certamente anche dell'altro, derivano da un articolo scientifico del 1988.
Qui, peraltro, non si cerca niente di nuovo. Tutt'al più, si fanno esperimenti di ontogenesi (nella mia modestissima esperienza) della filogenesi delle parole. Prove di etimologia applicata.

Concludo (citando in traduzione inglese, chiedo venia):
“Take the life-lie away from the average man and you take away his life.” [Henrik Ibsen, The Wild Duck]

lunedì 16 maggio 2011

Wanderlust


Wanderlust   s.f. (-voglia f. di camminare, voglia f. di girare (il Sansoni Tedesco)
wanderlust / ˈwɒndəlʌstn. desiderio m. di viaggiare, passione f. per i viaggi. (Oxford English Dict.)

Troppo poco, Wanderlust non è solo questo.

//TO WANDER: VERBO TR. 1) VAGARE, ERRARE, VAGABONDARE; PERCORRERE SENZA META 2) DEVIARE, USCIRE DALLA RETTA VIA; SMARRIRSI (ANCHE FIG.) 3) VANEGGIARE; DELIRARE- **HAZON GARZANTI, DIZIONARIO INGLESE-ITALIANO 

Ecco. Forse questa volta ci avviciniamo di più.
Approfondiamo:
//LUST: SOST. 1) LUSSURIA, SENSUALITÀ, CONCUPISCENZA 2) BRAMA, AVIDITÀ 
**HAZON GARZANTI, DIZIONARIO INGLESE-ITALIANO 

Credo di aver trovato, se non altro, il mio dizionario di inglese.



mercoledì 20 aprile 2011

Nostalgia

Di nostalgia si era già parlato. E il video, che ora non si vede più, era quello di The best of friends di Joan Baez.
Oggi però nostalgia è qualcosa di diverso. Oggi nostalgia è di qualcuno che non c'è mai stato, di un luogo che non è un luogo, di qualcosa che non è accaduto. Forse la parola non è quella giusta, forse ce n'è una migliore; ma non è rimpianto, men che meno rimorso, non è ricordo, non è malinconia, non è dolore, non è smarrimento, non è sconfitta, non è privazione.
Nostalgia. Qui e ora non trovo di meglio.

Falsetto

Esterina, i vent'anni ti minacciano,
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal fiotto di cenere uscirai
adusta più che mai,
proteso a un'avventura più lontana
l'intento viso che assembra
l'arciera Diana.
Salgono i venti autunni,
t'avviluppano andate primavere;
ecco per te rintocca
un presagio nell'elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d'incrinata brocca
percossa!; io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.
La dubbia dimane non t'impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d'erba del fanciullo.
L'acqua' è la forza che ti tempra,
nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo
come un'equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.
Hai ben ragione tu!
Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizî
del tuo domani oscuro.
T'alzi e t'avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride:
il tuo profilo s'incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t'abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t'afferra.
Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.

[Eugenio Montale, Ossi di seppia]




Poi ne sono passati altrettanti e non è semplice intendere dove sia oggi la terra, dove più il mare.

giovedì 31 marzo 2011

Inadeguatézza

inadeguatézza    [inadegwa'tettsa] s.f. l'essere inadeguato


inadeguàto    [inade'gwato] agg che non ha i requisiti necessari per un uso o uno scopo; sproporzionato


requisìto    [rekwi'zito] sm qualità, dote necessaria per poter accedere ad una carica, sostenere un esame e simili


dòte    ['dɔte]

1 sf complesso di beni che la moglie apporta all'economia familiare
sf qualità, fisica o morale, naturale o acquisita


qualità    [kwali'ta] 

sf proprietà caratteristica di una cosa, che ne determina la natura e la distingue dalle altre
sf caratteristica positiva
sf [detto di cosa] specie, varietà


positìvo    [pozi'tivo]

agg che si basa su fatti certi; sicuro, effettivo
agg si dice di persona che bada al concreto
agg si dice di cosa che ha ottenuto l'effetto desiderato o previsto
agg si dice per caratterizzare convenzionalmente oggetti, gruppi di oggetti o qualità di fenomeni in opposizione ad altri detti negativi elettricità positiva
agg {matematica} ogni numero reale maggiore dello zero, contrassegnato dal segno + (più)





Ecco. Diciamo che non mi sento contrassegnata dal segno più.

domenica 9 gennaio 2011

Incidente

Sera, autostrada affollata.
Un cartello segnala dei rallentamenti per incidente; e infatti, si rallenta.
A terra, lungo la corsia di emergenza, una fila di lumini.
Parcheggiati ci sono un'ambulanza e un carro attrezzi; tra i due vedo appena, con la coda dell'occhio, un'automobile scura, potente, appena un poco ammaccata davanti. Dal tettuccio apribile esce qualcosa che fino a poco fa era un uomo. Gli altri uomini, quelli scesi dai mezzi di soccorso, si aggirano senza fretta là intorno, senza guardare.
Capirò più tardi, dopo un paio di notti interrotte da incubi, quello che ho visto: un episodio  banale, un tamponamento: senza cinture, e con airbag.


Credo che questa istantanea abbia inciso per sempre sul significato che ha per me la parola "incidente".

venerdì 7 gennaio 2011

Maturità (una nota malinconica)

"Maturo" è ciò che finalmente è pronto:

- un frutto maturo è pronto per essere mangiato;
- i tempi sono maturi quando è ora che un fatto si compia;
- un uomo maturo merita di essere chiamato Uomo;
- un ragazzo che ha superato l'esame è maturo, pronto per la vita.

Con un'eccezione: la donna matura.
Che stranamente è proprio il contrario, e non serve più.

giovedì 11 giugno 2009

Nostalgia

Nostos Algos

“Non si ha nostalgia, in definitiva, che di se stessi, di quella rete di significati e di rapporti che danno senso all’esistenza e alla quale ciascun individuo si identifica fino a non potersene più differenziare” (R. Beneduce, 1998)

martedì 14 aprile 2009

Silenzio

Il glossario di bordo tace da un po' ma, anche se in trasferta non può contare sul fido Zingarelli 2005, anche a occhio - anzi, a orecchio - sa che il silenzio è assenza di rumore; a parte forse in un caso, quello dell'uso militare della parola, in cui silenzio significa il suono di una tromba.

In questi giorni, si è molto sentito parlare di silenzio: quello che segue il crollo, quello che precede il coro con cui chiamare chi forse è ancora sotto le macerie, quello che è dovuto alle vittime, quello di chi non ha più niente da dire. A tanto parlar di silenzio aggiungo il mio ammutolimento davanti alla pubblicazione del database delle vittime del terremoto d'Abruzzo: ordinabili per cognome, a verificare quanti di una stessa famiglia se ne siano andati; per data di nascita, a indagare chi fosse il più giovane e chi il più vecchio, se sia più insensato andarsene di pochi giorni o di cento anni; per luogo d'origine, così da permetterci di immaginare vite che non si sono mai spostate da un paese minuscolo e altre che erano partite per cercare di costruire qualcosa di diverso; per sesso, a contare se il terremoto abbia mietuto più tra gli uomini o tra le donne. E poi il campo "ricerca", per far provare il brivido del gioco d'azzardo a chi vorrebbe rintracciare amici e conoscenti, e spera solo che l'esito sia "nessun risultato".

Trovo che tutto questo sia osceno, forse più delle miriadi di fotografie che ci mostrano dolori privati e momenti che dovrebbero essere intimi. O forse altrettanto, se non perché alle foto ormai siamo abituati. E intanto, i tg si vantano dell'audience.

Troppo chiasso; meglio tacere.