parole scritte o dette, parole in versi o in prosa, parole per convincere o per ricordare, per confidarsi, redimersi o mentire: questo spazio è dedicato alla lettura, alla scrittura, e alla vita.
giovedì 14 agosto 2014
Libertà
sabato 12 ottobre 2013
Letteratura portoghese
Circa un mese fa sono entrata in una Libreria. Ho chiesto chi fossero i portoghesi da leggere, dopo Pessoa e Saramago.
Il Libraio mi ha risposto a caldo:
- Equatore di Sousa Tavares. E qualcosa di Lobo Antunes.
Un libraio che merita la L maiuscola.
Ho letto, direi che ho bevuto Lobo Antunes: superate le prime pagine faticose e dense, presa l'abitudine ad affrontare riga dopo riga una scrittura che straripa, il lungo doloroso monologo di In culo al mondo coinvolge, avvolge, e ci si trova ad affondare in una mattina grigia in cui tutti si affaccendano mentre uno, almeno uno, affonda irrimediabilmente nel non-senso di ricordi troppo difficili per essere condivisi. Parla di guerra, di orrore; e lo fa con crudezza e disincanto, un modo per difendersi si direbbe. Ma parla anche di amore, e ci riesce altrettanto bene. Di amore perduto, di nostalgia. Di più: parla di sesso, ed è credibile. Non volgare, non melenso, non ammiccante: vero.
Con Sousa Tavares sto arrancando tuttora, vedremo.
Nel frattempo sono stata in Portogallo e sono tornata, ho scoperto che dietro il Portogallo c'è l'Angola, e anche un po' di Mozambico. Sospetto sia soltanto l'inizio di un viaggio.
Oggi tornerò da quel Libraio, lo ringrazierò, gli racconterò tutto questo. E gli chiederò che ne pensa di Dulce Maria Cardoso, e se gli sembra che valga la pena di leggere Il ritorno, appena uscito e recensito un po' ovunque, che probabilmente non avrei nemmeno notato se non ci fosse stata di mezzo la Vita.
domenica 16 giugno 2013
Luccichìo
Luccichio, questa è l'immagine che mi resta negli occhi alla fine della lettura. Riflesso sull'acqua di una luce che non durerà a lungo, ma abbaglia. Sulla pelle un tepore fugace e accogliente, capace di farci scordare tutto ciò che non è il qui e l'ora. Effimero, e pure in grado di dare senso.
Il racconto di Pahor è lineare e ha un ritmo d'altri tempi. Ma quanta sapienza in questa narrazione di fatti semplici, degli stati d'animo mutevoli di un uomo ferito, del suo incontro -antico quanto il mondo- con una donna.
"Sì, era un vagabondo, un uomo senza patria, che si sentiva a casa ovunque ci fosse una costa o una riva, essendo l'acqua il simbolo della vita."

Bambina.
Bambina che si tuffa nel luccichio dell'acqua, mentre la osserva lui, che è della razza di chi rimane a terra.
Bambina che per amore è capace di superarsi, di far marcire in fondo al lago il ritratto del dittatore candidamente amato.
Bambina che giocando porta in sé continuità, rinascita, il ripetersi della Vita che va oltre la Storia.
Molto bello, grazie a chi me l'ha regalato.
sabato 26 gennaio 2013
Lavoro
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