domenica 23 gennaio 2011

Spiraleggiante

Romain Gary, Mio caro pitone


Non nascondo che sarei assai triste, a dir poco, se venissi obbligato a fare uso di parole e forme di lungo corso, nel senso corrente, impedendo così alle mie parole di trovare uno sbocco. […] …voglio fortemente che il linguaggio impiegato nel presente scritto viva una propria indipendenza e abbia sempre la possibilità di ricomporre altrimenti il proprio senso, al di là dell’uso corrente. Già, perché è la speranza stessa a esigere che il vocabolario non sia condannato all’immobilità perenne, pena la sua sconfitta.
More about Mio caro pitoneGià dalla prima pagina, il romanzo si presenta come manifesto della libertà di essere e di esprimersi in maniera autentica. Per questo, leggerlo non è sempre facile, il linguaggio è così libero da divenire poco comprensibile, e pure i pensieri di Monsieur Cousin seguono percorsi ardui.

Non si sa mai abbastanza quanto sia straordinaria la forza della nostra debolezza e quanto sia difficile resisterle.
Cousin tenta di passare inosservato, di seguire tutte le regole, di apparire “normale”; è disposto, per questo, perfino a ingoiare merda (sic!). Ma quella che lui chiama debolezza è ciò che lo rende diverso, unico, ciò lo salva dalla semplice esistenza, dal vivere soltanto in conseguenza dell’essere venuti al mondo per vie urinarie; e gli offre una possibilità di esistenza autentica.

Anch’io avrei voluto essere un altro, avrei voluto essere me stesso.
Nella rassicurante routine dell’impiegato che si occupa di statistica, Cousin non trova possibilità di amore, la prospettiva di scoprirsi lo atterrisce, ogni tentativo finisce in farsa. E’ nel suo bilocale che trova il modo di procurarsi gli abbracci di cui tanto ha bisogno, adottando un pitone di due metri e venti, Gros-Calin, che lo avvolge e lo consola, e che Cousin ama al punto di divenire pitone lui stesso. Tra gli umani, sono le buone puttane, rispettose di poche regole chiare e inequivoche, le uniche capaci di alleviare la sua solitudine e lo spaesamento. Perfino la sua collega signorina Dreyfus, inutilmente amata per tanto tempo, soltanto in un bordello potrà divenire reale ed “amabile”. Che sia questa, la possibilità di amore che gli è data? E accetterà la signorina Dreyfus di convivere con un pitone?

Si arrotola il pitone, si annodano i pensieri di Cousin, e pure la narrazione segue un andamento a spirale. Il cosiddetto finale ecologico lascia sperare in un’apertura diversa, politica e collettiva, alla possibilità di un’esistenza reale. Il fattorino licenziato per attività sovversive, l’assistente dell’ospedale psichiatrico che ha riconosciuto in Cousin il pitone capace di fingere per tornare libero, la signorina Dreyfus che si vergogna di servire da impiegata e preferisce essere una buona puttana: sono loro che non intendono più adattarsi, loro ad essere capaci di esistenze vere. A Cousin/Gros-Calin tremano le gambe, che non ha in quanto pitone, ma è finalmente così debole da aver trovato il coraggio di sperare. Forse perfino di nascere.

sabato 22 gennaio 2011

Dormi, bambino

More about Dormi, bambino, dormi Può anche darsi che dorma-il-bambino-dorma; e così pure mamma e papà. Ma se tra quindici anni vi soffoca nel sonno mentre siete voi, a dormire sonni beati, poi non vi lamentate!

venerdì 21 gennaio 2011

Colgada e Volcada

La cosa si fa seria, qui si parla di tango nuevo...
(il video non è un gran che, ma le figure sono esattamente quelle appena provate)

giovedì 20 gennaio 2011

Serendipità

E' l'intuizione di qualcosa, mentre se ne stava cercando un'altra, e forse anche la gioia che ne consegue. Il piacere del pensiero laterale.
La fiducia, che accompagna la ricerca e l'impegno, che un risultato arriverà - magari non proprio quello che stavamo cercando.
E' semplicità volontaria; e questo si, è un termine che varrà la pena di conoscere meglio... ma per ora ci fermiamo a Serendipity.

domenica 16 gennaio 2011

Collocàrsi

Come si vede, so perfettamente in ogni istante a che punto sono del racconto, e d'altronde è proprio questo il mio problema.


[Romain Gary, Mio caro pitone]

sabato 15 gennaio 2011

Glossario tanguero

venerdì 14 gennaio 2011

Incomprensibile (s.m.)

Non capii, ma la cosa mi colpì molto. Sono sempre molto colpito dall'incomprensibile, perché può celare qualcosa di utile. Sono abituato a ragionare così, io.


[Romain Gary, Mio caro pitone]

Uso corrente

Non nascondo che sarebbe assai triste, a dir poco, se venissi obbligato a fare uso di parole e forme di lungo corso, nel senso corrente, impedendo così alle mie parole di trovare uno sbocco. [...] voglio fortemente che il linguaggio impiegato nel presente scritto viva una propria indipendenza e abbia sempre la possibilità di ricomporre altrimenti il proprio senso, al di là dell'uso corrente. Già, perché è la speranza stessa a esigere che il vocabolario non sia condannato all'immobilità perenne, pena la sua sconfitta.
[Romain Gary, Mio caro pitone]


Nel secondo paragrafo del romanzo, una dichiarazione di poetica chiara come poche.
Forse, la nuova epigrafe di questo vecchio blog.

martedì 11 gennaio 2011

Social brain - Una nota rétro

Questa l'ho trovata cercando di capire cosa significhi Web 3.0

Perché a Web ci sono, l'ho capito, l'abbiamo capito tutti da un pezzo.
Anche Web 2.0 ormai è acquisito, indica la rete partecipata, la comunicazione istantanea, i contenuti condivisi dal basso.
Ma non ci si può fermare: siamo alla fase tre. E il dizionario italiano, sia pure digitale, questa volta non è sufficiente.

Web 3.0 è un intero cervello in comune. Un'intelligenza collettiva. Di più: una rete che i contenuti li produce da sé, senza chiedere il nostro parere.
Un esempio? Pubblico una nota su un blog, o su un social network. Magari aggiungo anche un'etichetta... si, insomma, "taggo"; ma non è indispensabile.
E la rete - la Rete, si badi bene: non il mio computer, non un programma che posso avviare o meno - connette questa mia nota ad infinite altre, ad una nuvola di note di argomento affine. Arricchisce quindi il mio contributo; lo allarga, e allo stesso tempo lo ingloba in qualcosa che va oltre le mie conoscenze e oltre, molto molto oltre il mio controllo. E lo fa, attenzione, senza che io glie l'abbia chiesto, né esplicitamente consentito.

Insomma, il Web 3.0 non è il futuro, anzi ci viviamo già da molto. Nella Rete Semantica siamo immersi fino al collo.

...e io che mi illudevo che il cervello sociale comportasse una crescita di ciascuno, una nostra maggiore coscienza, consapevolezza, responsabilità.
O forse è davvero così. Spero che prima o poi me lo spieghi il mio amico Sergio.   (...tag!)

domenica 9 gennaio 2011

Incidente

Sera, autostrada affollata.
Un cartello segnala dei rallentamenti per incidente; e infatti, si rallenta.
A terra, lungo la corsia di emergenza, una fila di lumini.
Parcheggiati ci sono un'ambulanza e un carro attrezzi; tra i due vedo appena, con la coda dell'occhio, un'automobile scura, potente, appena un poco ammaccata davanti. Dal tettuccio apribile esce qualcosa che fino a poco fa era un uomo. Gli altri uomini, quelli scesi dai mezzi di soccorso, si aggirano senza fretta là intorno, senza guardare.
Capirò più tardi, dopo un paio di notti interrotte da incubi, quello che ho visto: un episodio  banale, un tamponamento: senza cinture, e con airbag.


Credo che questa istantanea abbia inciso per sempre sul significato che ha per me la parola "incidente".

venerdì 7 gennaio 2011

Maturità (una nota malinconica)

"Maturo" è ciò che finalmente è pronto:

- un frutto maturo è pronto per essere mangiato;
- i tempi sono maturi quando è ora che un fatto si compia;
- un uomo maturo merita di essere chiamato Uomo;
- un ragazzo che ha superato l'esame è maturo, pronto per la vita.

Con un'eccezione: la donna matura.
Che stranamente è proprio il contrario, e non serve più.

giovedì 6 gennaio 2011

Norwegian wood

More about Norwegian wood Un romanzo molto diverso dagli altri di Murakami, realistico, con un’unica concessione all’irrazionale – ma si tratta solo di una scena di sonnambulismo. Le vicende sono quelle ordinarie di amicizia, amore, sesso tra adolescenti; ma le percorre l’ombra cupa dei suicidi, il richiamo di tutti quelli che ormai sono “di là” e chiamano, chiamano chi ancora insiste a vivere. La scrittura di Murakami come sempre avvolge e coinvolge, e alla fine ci lascia con la voglia di restare, tristi, sotto le coperte, mentre fuori nevica.