domenica 1 dicembre 2013

Decadenza

Tutto il can-can di questi giorni avrebbe dovuto convincermi che qualcosa stia davvero cambiando, o che addirittura sia cambiato; invece, la parola Decadenza continua ad avere lo stesso significato di quando l'ho incontrata la prima volta, tanto tanto tempo fa.

Facevo la terza elementare, dovevo studiare una pagina dal sussidiario; il capitolo si intitolava Crisi e decadenza dell'Impero Romano. Parlava di come i valori civili e culturali avessero comihciato ad essere messi in discussione, di come il loro rispetto fosse diventato sempre più raro, e di come tutto questo avesse gradualmente ma irrimediabilmente minato una intera civiltà, che in seguito non era più stata in grado di riprendersi e risollevarsi.

In quanto è accaduto di recente non vedo nulla di diverso; e Decadenza continua a significare non tanto la cessazione di un incarico, quanto l'effetto di troppi anni di scelleratezza. 


martedì 12 novembre 2013

Orango

giovedì 7 novembre 2013

Federico

E intanto la vita è passata; mi sono distratta, è stato un attimo.
Ma dov'è andato adesso lo scemo del villaggio?

http://m.youtube.com/watch?v=k9kcWcP9504&desktop_uri=%2Fwatch%3Fv%3Dk9kcWcP9504l

venerdì 25 ottobre 2013

Ospitalità

Palermo. Entro in un bar a metà pomeriggio:
- Buonasera, vorrei una bottiglietta d'acqua.
- Prenda, è nel frigo.
Prendo, appoggio un euro sul bancone.
- 80 centesimi
- ...c'è scritto un euro...
Lei mi guarda, sorride.
- Lo so.

sabato 12 ottobre 2013

Letteratura portoghese

Circa un mese fa sono entrata in una Libreria. Ho chiesto chi fossero i portoghesi da leggere, dopo Pessoa e Saramago.
Il Libraio mi ha risposto a caldo:
- Equatore di Sousa Tavares. E qualcosa di Lobo Antunes.
Un libraio che merita la L maiuscola.

Ho letto, direi che ho bevuto Lobo Antunes: superate le prime pagine faticose e dense, presa l'abitudine ad affrontare riga dopo riga una scrittura che straripa, il lungo doloroso monologo di In culo al mondo coinvolge, avvolge, e ci si trova ad affondare in una mattina grigia in cui tutti si affaccendano mentre uno, almeno uno, affonda irrimediabilmente nel non-senso di ricordi troppo difficili per essere condivisi. Parla di guerra, di orrore; e lo fa con crudezza e disincanto, un modo per difendersi si direbbe. Ma parla anche di amore, e ci riesce altrettanto bene. Di amore perduto, di nostalgia. Di più: parla di sesso, ed è credibile. Non volgare, non melenso, non ammiccante: vero.

Con Sousa Tavares sto arrancando tuttora, vedremo.

Nel frattempo sono stata in Portogallo e sono tornata, ho scoperto che dietro il Portogallo c'è l'Angola, e anche un po' di Mozambico. Sospetto sia soltanto l'inizio di un viaggio.

Oggi tornerò da quel Libraio, lo ringrazierò, gli racconterò tutto questo. E gli chiederò che ne pensa di Dulce Maria Cardoso, e se gli sembra che valga la pena di leggere Il ritorno, appena uscito e recensito un po' ovunque, che probabilmente non avrei nemmeno notato se non ci fosse stata di mezzo la Vita.

venerdì 27 settembre 2013

Porto / Design

Mi piacciono gli armadi con le ante e i cassetti.
Mi piacciono le linee curve e gli imprevisti.
Mi piacciono i bagni con il bidet, e poi per favore una porta!
Mi piacciono le docce che non allagano l'intera stanza mentre ti fai lo shampoo.
Infine, mi piace sentirmi a casa; poter rimanere spettinata senza dover pensare che stono con il contesto.

Perciò, a futura memoria: evitare come la peste gli hotel design, anche se le foto sono splendide!

lunedì 16 settembre 2013

Disperazione / Speranza

Non le è mai capitata questa cosa: sentire che è vicina, che afferrerà fra un secondo l'aspirazione aggiornata e eternamente inseguita per anni e anni, il progetto che è insieme la sua disperazione e la sua speranza, stendere la mano per afferrarlo con insostenibile gioia e cadere all'improvviso all'indietro, con le dita chiuse sul nulla, mentre l'ispirazione o il progetto si allontanano tranquillamente da lei al trotto minuto dell'indifferenza, senza guardarla nemmeno?

[António Lobo Antunes, In culo al mondo]

venerdì 23 agosto 2013

Chi credi di essere?

Non lo so.
E pure, ho compiuto quarantadue anni, dovrei saperlo ormai.

(in treno, leggendo Siri Husvedt)

lunedì 5 agosto 2013

Attesa

Una cosa che si impara.


giovedì 18 luglio 2013

Deflagrare

deflagrare v. intr. [dal lat. deflagrare, der. di flagrare «ardere», affine a flamma «fiamma»] (aus. avere). – Bruciare con combustione rapidissima e quindi con fragore. Anche fig., di sentimenti, passioni e simili. 

mercoledì 3 luglio 2013

Violenza

Quello qui sotto è l'ultimo post che compare sul blog http://latteversato.iobloggo.com; poi l'autrice non ha più scritto.
Qualche settimana dopo hanno trovato il suo corpo nel freezer di casa.

Certe volte penso che, quando la questione di genere mi sembrava un argomento insensato, probabilmente sbagliavo.


violenze e violenze
C'è una linea sottile tra il sospetto e la violenza, psicologica intendo.
Va da se che rompere telefoni cellulari o computer faccia parte di una violenza psicologica ben definita anche penalmente.
Ma anche tenere sotto pressione una persona facendole credere di essere controllata non è un'azione che può passare così, senza colpo ferire. Dire a una persona ''ti controllo il telefono e le mail tramite un investigatore'' è una pressione che a lungo andare logora e sfibra chiunque.
Non sentirsi sicuri al telefono, sapere che un ex potrebbe in un futuro incerto scrivere una mail mette in allerta, anche se non si ha nulla da nascondere.
Trovare telecamere in casa messe ''per controllare se qualcuno entra'' potrebbe anche essere lecito, ma se sono in casa mia e nessuno mi ha mai avvertito della loro esistenza la trovo un'intrusione altrettanto fastidiosa rispetto alle precedenti. Andare a cena fuori e sentirsi dire ''ti ho fatta seguire per sapere se quel maniaco del tuo amico ti seguiva'' mi pare un arzigogolio inutile, mi hai fatta seguire? Ma siam pazzi.
Ma c'è un altro grado di violenza. Quella velatamente fisica. Se dico che non ho voglia di rapporti e mi tocchi non una, ma più volte ripetutamente, oltre a darmi un fastidiosissimo senso di repulsione, penso rientri tra le molestie sessuali. Poi mi dici che vuoi essere chiamato amore...

domenica 16 giugno 2013

Luccichìo



Più riguardo a La villa sul lagoBoris Pahor,  La villa sul lago

Luccichio, questa è l'immagine che mi resta negli occhi alla fine della lettura. Riflesso sull'acqua di una luce che non durerà a lungo, ma abbaglia. Sulla pelle un tepore fugace e accogliente, capace di farci scordare tutto ciò che non è il qui e l'ora. Effimero, e pure in grado di dare senso.

Il racconto di Pahor è lineare e ha un ritmo d'altri tempi. Ma quanta sapienza in questa narrazione di fatti semplici, degli stati d'animo mutevoli di un uomo ferito, del suo incontro -antico quanto il mondo- con una donna.

"Sì, era un vagabondo, un uomo senza patria, che si sentiva a casa ovunque ci fosse una costa o una riva, essendo l'acqua il simbolo della vita."
In riva al lago Mirko incontra Luciana, ed è ancora una volta Ulisse che ritorna a casa. Questa volta i Lestrigoni portavano camicie nere, e nelle ombre della loro breve notte avevano avvolto anche lei; ma l'Uomo ora è tornato per salvarla, e per proteggerla. "'Bambina' disse lui."

Bambina.
Bambina che si tuffa nel luccichio dell'acqua, mentre la osserva lui, che è della razza di chi rimane a terra.
Bambina che per amore è capace di superarsi, di far marcire in fondo al lago il ritratto del dittatore candidamente amato.
Bambina che giocando porta in sé continuità, rinascita, il ripetersi della Vita che va oltre la Storia.


Molto bello, grazie a chi me l'ha regalato.

domenica 12 maggio 2013

Nemesi

nèmei s. f., letter. – Propr. nome proprio, Nemesi (gr. Νέμεσις, lat. Nemĕsis), personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva, e perciò punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo. Con uso fig., nstorica, espressione riferita ad avvenimenti storici che sembrano quasi riparare o vendicare sui discendenti antiche ingiustizie o colpe di uomini e nazioni; è una n., a proposito di un avvenimento considerato come un atto di giustizia compensativa. Talvolta anche col sign. generico di punizione o vendetta, con carattere di ineluttabile fatalità.

mercoledì 6 marzo 2013

Dignità. Autodeterminazione.

Questo signore nella foto si chiama Marcello.
Si chiamava, perché è morto due giorni fa. Io l'ho saputo oggi.
Marcello Verdica.
Marcello Verdica Costantini, dicono i giornali; e io, questo secondo cognome, lo imparo ora.
Il suo nome e la sua foto erano sui giornali di oggi perché Marcello si è suicidato, e non in un modo qualunque: ha commesso un suicidio assistito.

Marcello è una di quelle persone che ci sono da sempre, amico dei miei genitori da che ho memoria. Era a casa sua che passavo tanti sabati pomeriggio, i grandi a giocare a carte, a parlare, chi lo sa; io e mio fratello in giardino con i gatti, o a fare le capriole sulla sedia a dondolo di bambù, oppure se fuori era brutto a osservare la collezione di pietre in salotto, e gli strani quadri in giro per casa, qualche volta perfino ammessi accanto al garage, nel Laboratorio-dove-si-sviluppano-le-foto.
Marcello. Marcello e Sara.

Non bisogna mica pensare, in realtà, a questo signore qui sopra. Quel Marcello là ha sì e no quarant'anni, trentacinque piuttosto; e la barba sì, ma scura. Un giorno, con i miei genitori, decidono di comprare una barca. Una specie di vasca da bagno in vetroresina, con un motorino fuoribordo da quattro cavalli. Ci salgono, tutti e quattro, prendono il largo. Non sono andati molto lontano perché la vasca da bagno, con i quattro giovani adulti scapestrati, è affondata. Non paghi, hanno comperato un gommone, sempre in comproprietà. Motore da venti cavalli, un Ducati.
Io non so se le cose siano andate proprio come racconto, è passato tanto tempo, io ero bambina e capivo quel che capivo; ma me le ricordo così. Ricordo per esempio che le cose, loro, i grandi -i grandi che conoscevo io- le facevano sul serio. C'era il gommone, e quindi c'erano la Gommonata e i Gommonauti. Era un mondo di favole.

Sono gli anni Settanta: gli uomini hanno quasi tutti i baffi e le basette, qualche volta i capelli lunghi; le donne i capelli li hanno lunghissimi o cortissimi, e quando vanno al mare dimenticano a casa il reggiseno - e le nonne si indignano e dicono "Quella là....".

Dai ricordi riemergono poi nomi di cose e persone. Lidio e la Pro Loco. Giancarlo e i Liberali, e la macchina da scrivere con i caratteri corsivi. La Dora, Mario, i referendum... L'AIED, qualsiasi cosa sia, quante volte l'ho sentita nominare! "Mamma ma perché loro non hanno bambini? "Perché non ne vogliono". Mistero... Capivo vagamente che l'AIED in qualche modo c'entrava; ma come, chi lo sa.

Il gommone successivo, Marcello e Sara l'hanno comprato da soli. Era grandissimo, e ci hanno fatto il giro d'Italia e hanno pubblicato le foto su un giornale. E' il ricordo di una bambina, magari sono andati "solo" fino a Ancona. Forse però sono arrivati fino in Grecia; e se ci sono arrivati, di sicuro ci si sono trovati bene. E ci sono andati di nuovo. E poi una volta hanno deciso di restare là, e allora niente più gatti nel giardino della casa, niente più casa, niente più quadri né foto, né Marcello, né Sara.
Li ho rivisti tempo dopo, Sara era su una carrozzella, avvolta in sciarpe e piumoni, troppi per una stagione tiepida. Poi, lei non l'ho vista più.


Oggi so che non vedrò più nemmeno Marcello; perché ha fatto un'altra delle sue scelte decise, senza ritorno e senza esitazioni. E ora tutti i ricordi si ricompongono in un disegno sensato.

Marcello era ammalato. Aveva un tumore al cavo orale per il quale era stato operato una volta, forse due. L'operazione successiva l'avrebbe lasciato incapace di bere, di mangiare, di parlare, senza peraltro garantire nulla sulle probabilità di continuare a vivere. La sua prospettiva era questa: un periodo forse breve, forse lungo o magari lunghissimo (minuto, dopo minuto, dopo minuto...) di vita, senza poter vivere. Unica certezza la sofferenza fisica, che già c'era; e certamente anche emotiva. Terapia del dolore, dunque: ma anche quella, lasciava intontiti, assenti, non permetteva di vivere. Quindi, ancora una volta, la scelta di autodeterminarsi.


Forse dovrei chiamarlo così, questo post: Autodeterminazione. Forse lo farò.
Ma andrebbero bene anche Coraggio, Coerenza, Diritti...
Scegliere, e permettere agli altri di scegliere per se stessi: questa è la lezione di Marcello.



Marcello si è rivolto a un'associazione in Svizzera, perché in Italia voler morire è reato. Non si può, non si deve. In Italia il calice, per quanto amaro, va bevuto fino in fondo. E' morto in esilio, Marcello, in compagnia di una persona coraggiosa che l'ha sostenuto, l'ha accompagnato fin là, e ha atteso con lui. Non so se questa persona abbia voglia di essere nominata, perciò non lo faccio. Ma l'associazione si chiama Dignitas, e si trova qui.



martedì 5 marzo 2013

Obiettori


giovedì 28 febbraio 2013

Verde

domenica 24 febbraio 2013

Nero

Più riguardo a Sofia si veste sempre di neroPaolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero

I primi trent'anni di vita di una ragazza qualsiasi, descritti in pagine che sono un po' romanzo un po' raccolta di racconti. Molti i luoghi comuni: la villetta senz'anima di una famigliola media - madre depressa, padre in carriera con amante, figlia autolesionista, zia estremista ma simpatica; i piercing e il taglio di capelli, l'anoressia; l'appartamento da studenti con le tende arancioni e l'incenso e gli uomini in camera, e la coinquilina innamorata; il teatro come via d'uscita; New York. Per poi finire a scoprire che il libro l'ha scritto uno che Sofia l'ha incontrata realmente, giusto quando stava per diventare adulta, e che quello che leggiamo è la sua storia vera ma forse è anche un po' inventato, chissà.
Bisogna dire però che le pagine sono davvero scritte bene, e scorrono facilmente lasciando una scia profumata di sintassi corretta e di nostalgia dolciastra, apprezzabile da chi è stato bambino negli anni Settanta. Piacevole.

martedì 12 febbraio 2013

Banca del Freddo (ovvero: Crioconservazione dei Gameti)

Mi considero di mente piuttosto aperta e stimo i pochi liberi pensatori che ho la fortuna di conoscere. Cerco di capire il punto di vista di atei agnostici razionalisti (quello delle chiese mi è stato abbondantemente illustrato, basta cosí grazie). Sono a favore del riconoscimento legale delle famiglie di fatto e dell'adozione da parte di genitori sposati o meno, single, di due sessi diversi o dello stesso sesso.
Però mi sono trovata in imbarazzo di fronte a qualcosa che forse è troppo anche per me.
Nel sito di un centro statunitense di crioconservazione (di seme, ovuli, embrioni, cellule staminali e certo anche altro che non so) nella sezione relativa ai servizi di fecondazione eterologa ho trovato degli annunci, o più che altro degli appelli: Qualcuna ha avuto successo con il donatore 13628? Sto cercando di avere un figlio, mi interesserebbe il donatore 8256, chi sa dirmi com'è? ...e via postando le foto del primo compleanno del figlio di Emily e del n. 2903...
Immagino questi bambini cercarsi su fb tra qualche anno e organizzare, perché no, una bella rimpatriata: cena di fine anno dei figli del n. 56231! E tutti a spiare tra loro qualche somiglianza...

Resa

L'azione di arrendersi, l'abbandono di ogni resistenza di fronte al nemico.
Cosí, più o meno, l'inizio della voce Resa del dizionario Treccani.
Questa volta non mi spingo oltre, il primo significato basta e avanza. Per tutto il resto, vedere alla voce Fragile.

domenica 10 febbraio 2013

lunedì 4 febbraio 2013

Coscienza

Cito dal vocabolario Treccani:
cosciènza (letter. ant. consciènza, consciènzia) s. f. [dal lat. conscientia, der. di conscire; v. cosciente]. –
1.
a. Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori: c. di sé, autocoscienza; contenuti di c., l’insieme dei dati presenti nella coscienza; con sign. estens.: ho c. di ciò che faccio; non ha c. di ciò che dice; popolo che ha c. dei proprî diritti e dei proprî doveri; prendere c. della propria forza o, in senso più ampio, della realtà, dei reali problemi del paese, della situazione politica, e sim., rendersene esattamente conto (con sign. analogo, è frequente nel linguaggio politico e giornalistico l’espressione presa di coscienza); posso affermare con piena c., con assoluta certezza. Anche, capacità di valutare le proprie doti e attitudini: avere c. dei proprî meriti, delle proprie forze; ho c. dei miei limiti; non ha c. di ciò che vale.
b. In senso più generico, conoscenza: fatto che è nella c. di tutti, che tutti conoscono; avere la vaga c. di qualche cosa, averne qualche sentore o sospetto; perdere la c., perdere i sensi, per uno svenimento o entrando in agonia; riacquistare la c., riaversi.
c. In psicologia, la conoscenza dei proprî atti attraverso la riflessione e l’analisi degli stati psichici. In psicopatologia, c. doppia, condizione morbosa caratterizzata dall’avvicendarsi nello stesso soggetto, per una durata più o meno protratta, di due diversi stati di coscienza, in ciascuno dei quali il soggetto appare immemore dei ricordi relativi all’altro stato.
d. Nel linguaggio della critica letteraria, flusso di coscienza (traduz. dell’ingl. stream of consciousness, tradotto anche talvolta, meno esattamente, corrente di c.), tecnica narrativa, peculiare soprattutto del romanzo inglese e americano del Novecento (J. Joyce, V. Woolf, W. Faulkner), che, ispirandosi alle linee della «confessione» psicanalitica, tenta di riprodurre oggettivamente, portando in primissimo piano un personaggio monologante, il libero, asintattico succedersi di pensieri, immagini, sensazioni, così come si forma e fluisce nella profonda intimità dell’individuo, ai limiti del subconscio, quando ancora debole o pressoché inesistente risulta l’azione delle facoltà riflessive e organizzative dell’intelletto razionale. L’espressione è talora usata, ma impropriamente, come sinon. di monologo interiore (v. monologo).
2.
a. Consapevolezza del valore morale del proprio operato, sentimento del bene e del male che si fa: avere, non avere c.; agire con c.; esame di c., esame riflesso delle proprie azioni per poter discernere il bene e il male compiuto, e quindi riconoscere le proprie eventuali colpe (soprattutto come atto preparatorio al sacramento della confessione). Anche come criterio supremo della moralità o, in modo più attenuato, come sensibilità morale: O dignitosa coscïenza e netta, Come t’è picciol fallo amaro morso! (Dante); la voce della c.; agire secondo c., secondo i dettami della c.; avere la c. elastica; venire a compromessi con la propria c.; mi rimorde la c., sento rimorso; i rimproveri della c.; avere scrupoli di c., scrupoli morali; per obbligo, per debito di c., per dovere morale; per scarico, per sgravio di c., per non avere rimorsi; sentirsi la c. tranquilla, essere certo di aver agito bene o di non aver fatto nulla di male; cattiva c., stato di chi ha rimorsi o dubbî sulla legittimità morale delle proprie azioni; mettersi la c. in pace, far tacere gli scrupoli o i rimorsi, rassegnarsi al fatto compiuto; caso di c., caso dubbio la cui soluzione sollecita il nostro impegno morale; matrimonio di c., matrimonio canonico, privo di effetti civili, che viene celebrato in segreto, di solito per regolare la posizione di due persone che non possono contrarre un matrimonio civilmente valido o che, pur potendolo, ne subirebbero un danno; obiettore di c., v. obiettore. Come locuz. avv., in coscienza, per intimo senso di responsabilità morale, o sulla base di una approfondita e obiettiva valutazione: mi sento obbligato in c. ad aiutarlo; in c., non credo di poterti approvare; anche come semplice espressione asseverativa: in c., credimi, è proprio come t’ho detto.
b. In molte frasi del linguaggio com., è intesa come il luogo riposto cui vengono riferite le nostre azioni e il giudizio su di esse: il fondo della c., la coscienza più intima; avere qualcosa, avere un peso sulla c., sentirsi colpevole; mettersi qualcosa sulla c., commettere un torto, una colpa; levarsi un peso dalla c., adempiere a un obbligo, riparare al mal fatto; avere la c. netta, pulita, non aver nulla da rimproverarsi (al contr., avere la c. sporca, non avere la c. pulita); prendere una cosa sopra la propria c., assumerne la responsabilità; si metta una mano sulla c., frase con cui si raccomanda a qualcuno di valutare bene le proprie responsabilità o lo si invita a esaminare le proprie azioni per scoprire se abbia delle colpe.
c. In qualche caso, indica genericam. impegno, cura, senso di responsabilità: operaio, artigiano che ha c. nel suo lavoro (anche: un operaio, un artigiano di coscienza, di molta c.); è un medico che cura i malati con molta c.; oppure probità, rettitudine, umanità, spec. nei rapporti col prossimo: è gente senza c.; agli speculatori non si può richiedere di avere c.; non c’è più c. nel mondo, oggi!
d. Con riferimento alla religione: libertà di coscienza, diritto di sentire e professare opinioni e fedi religiose senza alcuna restrizione, impedimento o coazione da parte dell’autorità politica ed ecclesiastica; e con senso quasi concreto, dirigere, guidare le c., avere cura delle c., avere funzione di guida spirituale, curare le anime.
3.
estens. Consapevolezza e sensibilità di fronte a determinati fatti, problemi, esperienze di carattere non morale: avere, non avere una c. civica, patriottica; c. linguistica, c. giuridica; c. sportiva; anche, l’insieme dei sentimenti, delle concezioni, degli interessi che sono proprî di una società o di un gruppo sociale: c. sociale, c. collettiva, c. operaia; c. di classe, la piena consapevolezza che una categoria sociale, in partic. la classe lavoratrice, acquista relativamente ai proprî diritti e interessi.
4.
In tipografia, uomo di c., operaio al quale è affidata la conservazione e l’ordinamento del materiale di composizione e in particolare la scomposizione delle forme e il ricollocamento delle lettere nei rispettivi cassettini delle casse.

giovedì 31 gennaio 2013

Pop!


More about Atti innaturali, pratiche innominabiliDonald Barthelme, Atti innaturali, pratiche innominabili

Intuisco con chiarezza lo spessore della scrittura di Barthelme; ma credo anche di poter dire definitivamente che il postmoderno non fa per me.
Abbandonato.

domenica 27 gennaio 2013

Compassione

sabato 26 gennaio 2013

Lavoro


Atteggiamento nei riguardi del suo lavoro "A volte mi pare di essere completamente bloccato. Il lavoro è là, ammucchiato, mi sembra un ostacolo insuperabile, totalmente al di sopra delle mie possibilità. Me ne sto seduto, lo guardo, e mi domando da dove posso cominciare, come posso venirne a capo. Magari prendo un foglio in mano, cerco di leggerlo, ma ho la testa altrove, penso ad altro, sembra quasi che non riesca ad afferrare il senso di quello che leggo, anzi mi pare che un senso non ce l'abbia proprio, che sia privo d'interesse, di qualsiasi contenuto umano, di vita. Poi, nel giro di un'ora, o magari di un istante, tutto cambia di colpo: mi rendo colpo che devo farlo e basta, che devo gettarmici a corpo morto, procedere come un automa, cosa per cosa, insomma che è semplicemente questione di fare un passo dopo l'altro, aprendosi a fatica un varco attraverso il mare di carta. Comincio a provare interesse, mi eccito perfino, lavoro a gran velocità, le cose via via si sistemano: sono sollevato, e anche stupito che quelle stesse cose mi potessero sembrare morte in precedenza."

[Donald Barthelme, Robert Kennedy salvato dalle acque in Atti innaturali, pratiche innominabili]

martedì 22 gennaio 2013

M.

Scomparsa.
Ascesa al Cielo.
Trapasso.
Dipartita.
Riposo eterno.
Resa dell'anima.
Passaggio a miglior vita.
Perdita.
Ritorno alla casa del Padre.
Transito.
Sonno eterno.
Estinzione.



Per triste che sia, la fine della vita si chiama Morte.

lunedì 14 gennaio 2013

Donne d'altri tempi


Le ore del silenzio Gaelle Josse, Le ore del silenzio

La quarta di copertina promette un romanzo che è il fratello minore de La ragazza con l'orecchino di perla; e il testo mantiene la promessa.
Romanzo breve, da leggere in una sera in cui non si ha la forza o la voglia di fare fatica: scrittura scorrevole, stile compito e regolare, argomenti che toccano ogni donna, trattati senza che possano far troppo male.
Magda è, prima, una ragazza sveglia, un po' maschiaccio, lusingata dall'essere trattata da suo padre come il figlio maschio mai nato; che forse usa l'attenzione agli affari per sedurlo, questo padre scontento di non avere eredi.
Poi, in questo suo ruolo, è rimpiazzata dal marito; e diventa moglie, amante, e madre. Della maternità conosce la gioia, e la profonda tristezza per i figli perduti.
Il romanzo è il suo diario, scritto nelle cupe ore notturne dopo aver perso una figlia neonata e dopo che il marito, per evitare nuove gravidanze preservarle la salute, forse per affetto forse per opportunità, le comunica che non giacerà più con lei.
Magda è gelosa della figlia e dei suoi nuovi amori, e allo stesso tempo felice per lei; donna di trentasei anni ormai vecchia e non desiderabile per decreto del marito, e pure ancora viva e desiderante.

Lettura molto piacevole.
Qui ho trovato una recensione che dice altre cose rispetto alla mia, coglie altri aspetti.