mercoledì 27 luglio 2011

Secernere - Secrezione - Segreto

Secernere: se-cernere, separare da sé. Il contrario di con-fondere.
Funzione fisiologica che lo scrittore eleva ad attività intellettuale. Attività che richiede ego strutturato e solida autostima; o, se vogliamo, faccia tosta e un bel coraggio, per lasciare che i pensieri se ne vadano in giro con le proprie gambe.

I pensieri.Ciò che la mente ha prodotto. Il secretum, ovvero ciò che si è separato da sé e che, messo in parole, non è più confuso, finalmente chiaro.
Ma, paradossalmente, non più segreto.

giovedì 21 luglio 2011

Opera prima

More about Il malintesoIrène Némirovsky, Il malinteso


Ha qualche incertezza, questo romanzo, qualche ripetizione, qualche immagine ridondante - tra tutte, quella delle rughe ai lati della bocca, primo segno di stanchezza, di gioventù che sfiorisce. Paga il prezzo dell'essere un'opera prima, e di essere stato scritto quasi novant'anni fa, in un tempo remoto.

"Denise non nascondeva nulla, e pertanto non aveva mistero"; e "Nella fuga di Yves vedeva soltanto quella volontà maschile che si subisce senza capire, come la volontà di Dio".
E' accaduto troppo da allora, perché riusciamo ancora ad immedesimarci nella piccola Denise, moglie madre amante, e sempre ingenua.

Le pagine però scorrono ariose, curate. Piacerebbe vederne altre, di opere prime come questa.

mercoledì 20 luglio 2011

Precario

Vediamo come apre Wikipedia:


Con il termine precariato si intende l'insieme dei soggetti che vivono una condizione lavorativa che rileva, contemporaneamente, due fattori di insicurezza:
  1. mancanza di continuità del rapporto di lavoro e certezza sul futuro, e
  2. mancanza di un reddito adeguato su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura.


L'etimologia poi, questa volta non fa che aumentare la tristezza:
lat. precarius da prex, preghiera. Propriamente: ottenuto per preghiera. Che si esercita con permissione, per tolleranza altrui; quindi Che non dura sempre, ma quanto vuole il concedente.

Insomma, siamo nelle mani di dio. Preghiamo, fratelli...

martedì 19 luglio 2011

Alterità

More about L'uomo duplicatoJosé Saramago, L'uomo duplicato

Curioso come, in questo romanzo del 2002, manchino totalmente le tecnologie. Niente cellulari, ma segreterie telefoniche. Non dvd ma vetusti vhs. E soprattutto, niente internet, che avrebbe trasformato buona parte delle ansie e delle attese si sarebbero risolte in poche stringhe digitate in fretta, nella luce azzurra dello schermo. Tertuliano Màximo Afonso pensa, pensa soltanto, che prima o poi comprerà un computer; ma sappiamo bene che non lo farà mai.

E pure, è un romanzo moderno. Lo è nel suo disegnare impietosamente la fragile nostra identità, minacciata da ogni parte dalla sua stessa incertezza. Di cosa siamo fatti, dunque? Cosa ci distingue e ci rende unici? Forse gli oggetti di cui ci circondiamo, i luoghi nei quali ci riconosciamo, le persone? E perché poi dovremmo avere la balzana pretesa di essere unici?

Basta così poco a metterci in crisi. Basta accorgersi che l'Altro ci somiglia più di quanto ci potessimo mai aspettare, e già ce ne sentiamo minacciati. Basta che qualcuno (Tertuliano) si avvicini appena all'altro (Antònio), che questo subito si ritrae, per poi riemergere, armato, da quel se stesso in cui ha cercato rifugio. L'arma è scarica, certo. Ma è solo questione di tempo, e non lo sarà più.

Tertuliano Màximo Afonso osserva la propria immagine facendosi la barba. Si riflette, nudo e grottesco (tiene indosso i calzini!), nel suo doppio. Fantastica di vedere entrambi in uno stesso specchio. E nell'Altro vede mille altri, l'impiegato della reception, il croupier, l'impresario teatrale, e poi il marito, l'amante, l'attore, in un nevrotico dispiegamento di immagini di tutte le vite possibili, che non abbiamo vissuto e non vivremo mai.

Ancora una volta, nel dialogo aperto che Saramago intesse con il suo lettore, è la donna a portare equilibrio. Che sia madre, moglie, amante, rimane fedele alla ragionevolezza delle scelte, alla concretezza dettata dalla vita. Il senso Comune si rifiuta di procedere, non oltrepasserà la porta della nuova casa; ma è grazie alla Donna che Tertuliano ha l'occasione di una seconda possibilità, se non proprio di un riscatto.
"Perdonare non è che una parola, Le parole sono tutto quanto abbiamo".

Con semplicità, Tertuliano terrà al dito la fede che gli ha donato la sua nuova moglie. Riceverà sua madre in casa, al riparo da occhi indiscreti. Imparerà il mestiere di attore. Amerà Helena, conserverà il ricordo di Maria.
Tutto troppo prezioso per metterlo a rischio nuovamente. Quando la sua stessa voce, ancora una volta, gli telefona, non c'è margine per l'esitazione. Questa volta, l'arma sarà carica.

domenica 17 luglio 2011

Parole, ancora e ancora

Le parole sono il diavolo, noi lì a credere di lasciarci uscire dalla bocca solo quelle che ci convengono e, tutt'a un tratto, ce n'è una che si intrufola, non abbiamo visto da che parte sia spuntata, nessuno l'aveva chiamata, e, a causa di quella parola, che non di rado avremo poi difficoltà a ricordare, la rotta della conversazione cambia bruscamente quadrante, ci mettiamo ad affermare ciò che prima negavamo, o viceversa

[José Saramago, L'uomo duplicato]

sabato 16 luglio 2011

Parole

Strano rapporto è quello che abbiamo con le parole. Ne impariamo da piccoli un certo numero, nel corso dell'esistenza ne raccogliamo altre che ci arrivano dall'istruzione, dalla conversazione, dal rapporto con i libri, eppure, a paragone, sono pochissime quelle sui cui significati , accezioni e sensi non avremmo alcun dubbio se un giorno ci domandassero seriamente se ne abbiamo. Così affermiamo e neghiamo, così convinciamo e siamo convinti, così argomentiamo, deduciamo e concludiamo, discorrendo impavidi alla superficie di concetti sui quali non solo abbiamo idee molto vaghe e, malgrado la falsa sicurezza che i genere ostentiamo quando tastiamo il cammino in mezzo alla nebulosità verbale, meglio o peggio continuiamo a capirci, e a volte persino ad incontrarci.

[José Saramago, L'uomo duplicato]

venerdì 15 luglio 2011

Presentimento

E' solo un presentimento, come una porta chiusa dietro a un'altra porta chiusa

[José aramago, L'uomo duplicato]

lunedì 11 luglio 2011

Laicità





Dire 'secondo me' è il fondamento della laicità.

[Carlo Flamigni]

domenica 10 luglio 2011

Prossenético

More about La vita davanti a séRomain Gary, La vita davanti a sé

Delicata, commovente storia d'amore e di umanità tra un bambino mai stato bambino che, come prima o poi capita a tutti, si trova a dover crescere in fretta (quattro anni in un giorno soltanto!); e una donna che non è più tale, ormai mostruoso oggetto senza più nemmeno il ricordo di quello che è stato, abbrutita dalla malattia e dalla vita stessa.
Povertà, droga, prostituzione, bambini abbandonati non riconosciuti non amati: tutto si trasfigura nel punto di vista di Momò, piccolo uomo, sguardo incapace di ipocrisia, voce schietta e crudele nella sua sincerità. E nell'equivoco e movimentato universo di immigrati clandestini, prostitute, travestiti, medici ebrei e francesi con le carte in regola, nulla riesce a intaccare il candore e l'affetto che unisce Momò e Madame Rosa, che spinge lei a mentire e lui a vegliarla oltre ogni ragionevolezza, l'uno per l'altra isole di serenità, di sicurezza, Madre e Figlio come possono esserlo soltanto coloro che si scelgono.
Muore, Madame Rosa. E Momò rimasto solo non sa che aspirare a divenire Prosseneta (o prossineta, come si ostina a dire anche ora che è cresciuto).
PRO XENEIN: per lo straniero. Per l'altro.

Disfacimento

More about Due
Irène Némirovsky, Due

Una tiepida malinconia si alterna alla febbre delle passioni in queste preziose pagine del 1939. La pienezza di vita degli adolescenti, ciascuno diversamente tormentato e inquieto, si appesantisce della nebbia ricorrente, di un'umidità che penetra nelle ossa e prende ad intaccare i corpi. E quando poi splende il sole dell'estate della vita, ecco che subito ha inizio il disfacimento di carni, di anime ancora intatte. Prime rughe che già sono presagio di morte. Ultimi desideri di moribondi che, esausti, non chiedono che un ultimo raggio di luce sul muro; senza ottenerlo.
Scrittura d'altri tempi, quella di Irène Némirovsky; particolarmente datato sembra il 'lieto fine', con l'immagine del matrimonio come porto sicuro nonostante tutto.
Ma la prosa scorre facilmente, si percorre la pagina nell'attesa di scoprire se una qualche felicità sia possibile, e intanto la spossatezza dei personaggi, ancora giovani ma già corrotti dalla vita, dagli ozi, dalla ricerca di un'impossibile quiete, contagia anche il lettore.
Parola dopo parola, l'allegria si spegne, le scelte vengono compiute, i giovani diventano adulti e ancora non sono capaci di governare le proprie esistenze, né mai -probabilmente- lo saranno.


Grazie ai diversi amici lettori che mi hanno incoraggiata a leggere ancora la Némirovsky: ne valeva la pena (e ho già cominciato il prossimo...)