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martedì 4 luglio 2017

Craving

Desiderio spasmodico di qualcosa: alcool, droghe, sesso, cibo.
Nel caso del craving alimentare, spesso il desiderio ha per oggetto cibi ad alto contenuto di carboidrati e di grassi.
Questi ultimi stimolano la produzione di serotonina e attivano la sensazione di piacere, che ha effetto immediato e durata breve. Segue il calo glicemico con conseguente rilascio di cortisolo o ormone dello stress: così che si sente di nuovo fame e si prova ancora ansia, dunque si è presto pronti per ricominciare.
La presenza di glucosio nel sangue stimola la produzione di insulina, che ha la funzione di far assorbire gli eccessi sotto forma di tessuto adiposo. Lo stimolo continuo può causare un disfunzionamento della produzione di insulina da parte del pancreas, dunque rischio di diabete; e stato infiammatorio diffuso, che predispone a coliti e tumori.
L'insulina tende a dare assuefazione e per ottenere lo stesso risultato, di riportare il glucosio nel sangue a livelli normali, servirà una quantità maggiore di insulina, il che comporterà un maggior accumulo di tessuto adiposo.
Inoltre, gli sbalzi dei livelli di insulina vanno di pari passo con gli sbalzi d'umore; ee la resistenza insulinica va di pari passo con la depressione.

Si può trattare come altre dipendenze, stimolando quotidianamente la produzione di serotonina attraverso canali diversi da quello alimentare: ad esempio con il movimento, la meditazione, facendo qualcosa che piace. O innamorandosi.

domenica 18 settembre 2016

Camóma

Andar co' la camoma: significa procedere con molta calma. L'etimologia di camoma non è certa. C'è chi la fa risalire a un termine portoghese che indica la bonaccia, condizione che rallenta il percorso delle navi. Altri la riferiscono a una fune da traino, e altri ancora la associano a un termine greco legato al lavoro, sottintendendo che lavorare stanca.
È uno dei termini più in uso a Venezia.
Tutti i veneziani si muovono con la camoma, è intrinseco all'essere veneziano. Impossibile aver fretta: Venezia non te lo consente.

(Grazie C.)

martedì 14 giugno 2016

Cammino

Il cammino è un avanzare e indietreggiare senza meta, in cui ciascuno di noi cade in continuazione, e quando si rialza lo fa inginocchiandosi sulla terra, per poi cadere di nuovo. Ci inginocchiamo gli uni davanti agli altri non per pregare o per rendere omaggio alla grandezza dell'altro, ma solo perché è stando alla stessa altezza che possiamo guardarci negli occhi.
[...]
Sulla strada non abbiamo mai avuto paura.
[...]
Il cammino rifonda il senso del pudore. Ci insegna a custodire segreti che, a loro volta, ci custodiranno. Non so cosa sia l'umiltà, ma qualsiasi cosa sia, forse ha a che fare con la casa dalle porte sempre aperte e col segreto.

Luigi Nacci, Viandanza.

lunedì 4 maggio 2015

Cimitero di entusiasti

C'est moi.

lunedì 25 agosto 2014

Amare - Prendersi cura



An amazing feeling coming through...

I was born to love you with every single beat of my heart
Yes I was born to take care of you
Every single day of my life

You are the one for me, I am the man for you
You were made for me, you're my ecstasy
If I was given every opportunity, I'd kill for your love
So take a chance with me, let me romance with you
I'm caught in a dream and my dreams come true
Its so hard to believe this is happening to me
An amazing feeling coming through

I was born to love you with every single beat of my heart
Yes I was born to take care of you
Every single day of my life

I wanna love you, I love every little thing about you
I wanna love you love you love you
(Born) to love you (born) to love you yes (Born) I was born to love you
(Born) to love you (born) to love you every single day of my life
I was born to take care of you, every single day of my life

Alright! hey! hey!
Every single day of my life

I was born to love you with every single beat of my heart
Yeah I was born to take care of you honey, every single day of my life

domenica 24 agosto 2014

Amare - Creare

Massimo Gramellini, ancora lui.


Caro Filèmone,  
mi trovo a Rapa Nui da qualche giorno e ti scrivo dalle pendici del vulcano di Rano Raraku, dopo una di quelle meravigliose scarpinate spezza-ossessioni che tu tanto sponsorizzi. 
Un moai steso sul fianco sembra guardarmi negli occhi e promettermi che tutto andrà bene… Mi affascinano queste facce enormi, con le labbra serrate, come a volerlo mantenere loro per prime, il segreto che le riguarda. Sono state costruite per augurare buona pesca e buona vita a tutti? Sono tombe? Divinità? 
Bill, il proprietario della pensione dove alloggio, mi ha raccontato che nessuno può dirlo. E’ un vecchio austriaco con lo sguardo di chi ne ha viste tante, forse addirittura troppe: e non è un caso che, a un certo punto, abbia deciso di trasferirsi qui dove non c’è niente da imparare, ma solo misteri da accettare. Non è un caso nemmeno che qui ci sia finita io, me ne rendo conto giorno dopo giorno. 
«Quante domande vi fate, voi!», mi ha detto oggi Ramana, la ragazza che aiuta in cucina Edith, la moglie di Bill. Con «voi» intendeva noi tutti che non facciamo parte dei duemila abitanti dell’isola. Sembra sinceramente divertita dal nostro bisogno di domande. E su tutte, quella che le pare più assurda è: figli sì o figli no? 
«Mia madre ha venticinque fratelli… Io ne ho quattordici. Praticamente siamo tutti parenti, a Rapa Nui», mi ha spiegato Ramana. «Come è possibile non avere figli?»
Si è messa a ridere, mora e un po’ magica. Molto diversa dalle persone che scrutavano Leonardo e me, e senza chiedercelo ce lo chiedevano: perché non fate un figlio? Quelle persone, diresti tu, ci giudicavano. Ramana non giudica: si stupisce, come una bambina. Il suo stupore mi arriva dentro, dove quella domanda, naturalmente, c’è. Raschia. 
Perché non abbiamo avuto un figlio, Leonardo e io? 
Magari ci saremmo messi in salvo. Ci avrebbe messi in salvo lui. 
Chi può dirlo? Tu, naturalmente. 
Giò 


Nascere per salvare il matrimonio dei propri genitori: pensa con che peso sarebbe venuta al mondo, quella creatura. 
Se i moai potessero aprire bocca, forse direbbero che i figli vanno fatti per il bene dei figli: non dei padri e nemmeno delle madri. 
L’amore assomiglia a Ramana: si stupisce delle domande e non ne fa. 
Non ha un perché. E’ il perché. 
E il suo perché è il desiderio di generare qualcosa che ci sopravviva. Un figlio. Fisico, oppure spirituale. Infatti non esiste solo la fecondità del corpo. Anche l’anima può fecondare e venire ingravidata. Anche l’anima, come il corpo, può eccitarsi davanti alla bellezza e provare la pulsione irresistibile di creare qualcosa che le sopravviva.
Nel Simposio, Platone ha rivelato agli esseri umani una verità di quattro parole che contiene tutto quanto è necessario sapere. 
Soltanto chi ama crea. 
Sì, Giò, hai compreso bene. L’amore è l’energia dell’Universo, ma non a tutti è dato di entrarvi in contatto. Si impossessa soltanto di chi ama. Se invade il suo corpo, porterà alla nascita di una creatura. Se invece gli invade l’anima, genererà qualcos’altro. Genererà delle opere. 
Il catalogo di questi figli dello spirito non comprende solo le arti, ma si esprime in una gamma che investe ogni aspetto dell’esistenza. L’Universo saluta con gioia qualsiasi desiderio verso cui l’amante diriga la sua energia. Perciò sentiti libera di amare un progetto, un’alba, una comunità, un ideale. Ma sappi che sarai veramente viva soltanto se amerai qualcosa o qualcuno.
Tu e Leonardo eravate una coppia sterile. Creavate infelicità. Entrambi ammalati di infantilismo, vi mostravate al mondo concentrati su voi stessi e paralizzati dalle responsabilità. E’ preferibile che non faccia figli chi si sente ancora un figlio. Diventa madre dentro di te e ti garantisco che lo diventerai anche all’esterno: di una creatura fisica, come di una qualunque idea che avrai concepito con amore e di cui con amore saprai seguire la crescita.
Mi potresti replicare che gli esseri umani hanno una capacità straordinaria di adattamento e che tante donne immature si sono scoperte adulte proprio in seguito a una gravidanza: se avessero aspettato di essere pronte, non lo sarebbero state mai.
E’ la verità, ma conosci già la mia risposta: ciò che ci accade è sempre giusto e perfetto. Se a te non è successo, significa che la tua esperienza in questa vita doveva essere un’altra. Non avere figli. Averli con qualcuno che non fosse Leonardo. Oppure averli con lui, ma solo se sarete riusciti a diventare una coppia di danzatori immersi nell’armonia della vostra musica e non più due burattini di legno che si pestano i piedi a vicenda. 
Filémene

lunedì 4 febbraio 2013

Coscienza

Cito dal vocabolario Treccani:
cosciènza (letter. ant. consciènza, consciènzia) s. f. [dal lat. conscientia, der. di conscire; v. cosciente]. –
1.
a. Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori: c. di sé, autocoscienza; contenuti di c., l’insieme dei dati presenti nella coscienza; con sign. estens.: ho c. di ciò che faccio; non ha c. di ciò che dice; popolo che ha c. dei proprî diritti e dei proprî doveri; prendere c. della propria forza o, in senso più ampio, della realtà, dei reali problemi del paese, della situazione politica, e sim., rendersene esattamente conto (con sign. analogo, è frequente nel linguaggio politico e giornalistico l’espressione presa di coscienza); posso affermare con piena c., con assoluta certezza. Anche, capacità di valutare le proprie doti e attitudini: avere c. dei proprî meriti, delle proprie forze; ho c. dei miei limiti; non ha c. di ciò che vale.
b. In senso più generico, conoscenza: fatto che è nella c. di tutti, che tutti conoscono; avere la vaga c. di qualche cosa, averne qualche sentore o sospetto; perdere la c., perdere i sensi, per uno svenimento o entrando in agonia; riacquistare la c., riaversi.
c. In psicologia, la conoscenza dei proprî atti attraverso la riflessione e l’analisi degli stati psichici. In psicopatologia, c. doppia, condizione morbosa caratterizzata dall’avvicendarsi nello stesso soggetto, per una durata più o meno protratta, di due diversi stati di coscienza, in ciascuno dei quali il soggetto appare immemore dei ricordi relativi all’altro stato.
d. Nel linguaggio della critica letteraria, flusso di coscienza (traduz. dell’ingl. stream of consciousness, tradotto anche talvolta, meno esattamente, corrente di c.), tecnica narrativa, peculiare soprattutto del romanzo inglese e americano del Novecento (J. Joyce, V. Woolf, W. Faulkner), che, ispirandosi alle linee della «confessione» psicanalitica, tenta di riprodurre oggettivamente, portando in primissimo piano un personaggio monologante, il libero, asintattico succedersi di pensieri, immagini, sensazioni, così come si forma e fluisce nella profonda intimità dell’individuo, ai limiti del subconscio, quando ancora debole o pressoché inesistente risulta l’azione delle facoltà riflessive e organizzative dell’intelletto razionale. L’espressione è talora usata, ma impropriamente, come sinon. di monologo interiore (v. monologo).
2.
a. Consapevolezza del valore morale del proprio operato, sentimento del bene e del male che si fa: avere, non avere c.; agire con c.; esame di c., esame riflesso delle proprie azioni per poter discernere il bene e il male compiuto, e quindi riconoscere le proprie eventuali colpe (soprattutto come atto preparatorio al sacramento della confessione). Anche come criterio supremo della moralità o, in modo più attenuato, come sensibilità morale: O dignitosa coscïenza e netta, Come t’è picciol fallo amaro morso! (Dante); la voce della c.; agire secondo c., secondo i dettami della c.; avere la c. elastica; venire a compromessi con la propria c.; mi rimorde la c., sento rimorso; i rimproveri della c.; avere scrupoli di c., scrupoli morali; per obbligo, per debito di c., per dovere morale; per scarico, per sgravio di c., per non avere rimorsi; sentirsi la c. tranquilla, essere certo di aver agito bene o di non aver fatto nulla di male; cattiva c., stato di chi ha rimorsi o dubbî sulla legittimità morale delle proprie azioni; mettersi la c. in pace, far tacere gli scrupoli o i rimorsi, rassegnarsi al fatto compiuto; caso di c., caso dubbio la cui soluzione sollecita il nostro impegno morale; matrimonio di c., matrimonio canonico, privo di effetti civili, che viene celebrato in segreto, di solito per regolare la posizione di due persone che non possono contrarre un matrimonio civilmente valido o che, pur potendolo, ne subirebbero un danno; obiettore di c., v. obiettore. Come locuz. avv., in coscienza, per intimo senso di responsabilità morale, o sulla base di una approfondita e obiettiva valutazione: mi sento obbligato in c. ad aiutarlo; in c., non credo di poterti approvare; anche come semplice espressione asseverativa: in c., credimi, è proprio come t’ho detto.
b. In molte frasi del linguaggio com., è intesa come il luogo riposto cui vengono riferite le nostre azioni e il giudizio su di esse: il fondo della c., la coscienza più intima; avere qualcosa, avere un peso sulla c., sentirsi colpevole; mettersi qualcosa sulla c., commettere un torto, una colpa; levarsi un peso dalla c., adempiere a un obbligo, riparare al mal fatto; avere la c. netta, pulita, non aver nulla da rimproverarsi (al contr., avere la c. sporca, non avere la c. pulita); prendere una cosa sopra la propria c., assumerne la responsabilità; si metta una mano sulla c., frase con cui si raccomanda a qualcuno di valutare bene le proprie responsabilità o lo si invita a esaminare le proprie azioni per scoprire se abbia delle colpe.
c. In qualche caso, indica genericam. impegno, cura, senso di responsabilità: operaio, artigiano che ha c. nel suo lavoro (anche: un operaio, un artigiano di coscienza, di molta c.); è un medico che cura i malati con molta c.; oppure probità, rettitudine, umanità, spec. nei rapporti col prossimo: è gente senza c.; agli speculatori non si può richiedere di avere c.; non c’è più c. nel mondo, oggi!
d. Con riferimento alla religione: libertà di coscienza, diritto di sentire e professare opinioni e fedi religiose senza alcuna restrizione, impedimento o coazione da parte dell’autorità politica ed ecclesiastica; e con senso quasi concreto, dirigere, guidare le c., avere cura delle c., avere funzione di guida spirituale, curare le anime.
3.
estens. Consapevolezza e sensibilità di fronte a determinati fatti, problemi, esperienze di carattere non morale: avere, non avere una c. civica, patriottica; c. linguistica, c. giuridica; c. sportiva; anche, l’insieme dei sentimenti, delle concezioni, degli interessi che sono proprî di una società o di un gruppo sociale: c. sociale, c. collettiva, c. operaia; c. di classe, la piena consapevolezza che una categoria sociale, in partic. la classe lavoratrice, acquista relativamente ai proprî diritti e interessi.
4.
In tipografia, uomo di c., operaio al quale è affidata la conservazione e l’ordinamento del materiale di composizione e in particolare la scomposizione delle forme e il ricollocamento delle lettere nei rispettivi cassettini delle casse.

domenica 27 gennaio 2013

Compassione

venerdì 7 settembre 2012

Concorrere

Sarebbe bello se significasse correre insieme.
Invece vuol dire correre tutti verso uno stesso posto*; e schiantarsi all'arrivo.
* in inglese: job

martedì 31 luglio 2012

Cucina


martedì 27 marzo 2012

Cronotàssi

Elenco ordinato cronologicamente di persone succedutesi in una carica.
Usato specialmente nelle successioni di vescovi 

sabato 29 ottobre 2011

Coperta

Ha ripiegato la coperta, era solo una donna che ripeteva un gesto antico, aprendo e chiudendo le braccia, tenendo con il mento le pieghe fatte, scendendo poi le mani fino al centro del proprio corpo e facendo lì la piega finale

[José Saramago, Memoriale del convento]

domenica 4 settembre 2011

Mirada y Cabeceo: il galateo del tango



Nella maggior parte delle milongas di Buenos Aires esiste un codice comportamentale da rispettare (mirada e cabeceo), un vero e proprio galateo del tango.

Mirada: la mirada è lo scambio di sguardi tra uomo e donna, con i quali ognuno cerca di far capire all’altro che gli farebbe piacere ballare assieme. Una volta che l’uomo è certo che la mirada sia rivolta a lui, mette in atto il cabeceo.
Cabeceo: piccolo movimento con la testa con il quale l’uomo invita la donna a ballare. Si tratta di un’usanza ancora presente nelle milonghe tradizionali, che permette all’uomo di invitare una dama a distanza, senza quasi farsi notare, dopo essersi assicurato che la donna stesse guardando proprio lui (mirada).

Se mirada e cabeceo sono andati a buon fine, l’uomo si alza e procede nella sala in direzione della donna. La donna, si alza anche lei e si avvicina all’uomo in attesa dell’abbraccio di ballo. Al primo brano della tanda l’uomo cinge la donna e inizia a ballare. E’ usanza a Buenos Aires, tra un brano e l’altro, fare dieci o quindici secondi di conversazione e di convenevoli e poi si riprende a ballare, tutti insieme come per magia. Questo è l’unico vero momento di socialità in milonga, infatti subito dopo la tanda si rientra ai propri posti di “mirada”.
Naturalmente tutto ciò richiede una disposizione particolare nelle milonghe. Cioè gli uomini si siedono da una parte e le donne da una parte della sala (solitamente frontale) in modo da rendere facile la mirada. In tutto questo gioca un ruolo fondamentale la tanda e la cortina. Finita la tanda ( 3 o 4 brani di tango rigorosamente della stessa orchestra e dello stesso periodo musicale), scatta la cortina l’uomo accompagna la ballerina quanto più possibile in prossimità del suo posto a sedere e si riparte per una successiva mirada.
La mirada è veramente “mirata”. Bisogna puntare lo sguardo verso un’unica dama e valutare rapidamente se è interessata, altrimenti si orientano le attenzioni altrove. Tutto questo succede in pochi secondi perché è inutile mirare chi non ha intenzione di dirigere il proprio sguardo verso qualcuno. Si può mirare, e fare cabeceo, anche tra un brano e l’altro della tanda.
A Buenos Aires se un ballerino si siede in coppia c’è un motivo ben preciso che va rispettato, vuol dire che i due hanno scelto di ballare insieme per tutta la serata. Le coppie invece che si recano in milonga per ballare con altri si siedono rispettivamente uomini con uomini e donne con donne. Ed è per questo che nelle milongas esistono tre settori: uomini, donne e coppie. Anche tra ballerini che si conoscono bene, se seduti in modo convenzionalmente separati, va rispettato il codice “mirada y cabeceo”, al massimo è concesso un rapido e frugale saluto prima di raggiungere il posto assegnato e, solitamente, prenotato.


[tratto da: www.neotango.it]

martedì 28 giugno 2011

Cose della scrittura

Non che fosse questa la nostra intenzione, ma ormai lo sappiamo che, in queste cose della scrittura, non è raro che una parola tiri l'altra solo perché suonano tanto bene insieme, spesso sacrificandosi così il rispetto per la leggerezza, l'etica per l'estetica, ammesso che rientrino in un discorso come questo dei concetti tanto solenni, e per giunta senza profitto per nessuno. E' con queste e con altre che, quasi senza accorgercene, finiamo per farci tanti nemici nella vita.

[José Saramago, Il viaggio dell'elefante]

venerdì 1 aprile 2011

CAPTCHA

Ho inserito un CAPTCHA errato;
ma l'errore non è stato notato.

lunedì 28 febbraio 2011

Contrattempi

Sbagliare strada. Perdere l’aereo. Dimenticare la carta di credito al sexy-shop. Accorgersi di non aver messo il rullino nella macchina fotografica. Buttare via la ricevuta del parcheggio dell’aeroporto. Arrivare alle 14.05 a una visita che incomincia alle 14, dimenticando che siamo in  Germania; e dover aspettare un’ora prima che cominci la prossima.

mercoledì 2 febbraio 2011

Coriandolizzazione

Questa parola l'ho sentita pronunciare a proposito delle tante, troppe sedi di Università, e dei troppi Atenei aperti in pochi anni. "Coriandolizzazione dell'offerta", ho sentito.
L'ennesima parola superflua.
Però almeno suona bene, evoca atmosfere carnascialesche, non troppo fuori luogo oggi, che all'Università si chiede di vivere d'aria e di amore (amore per il lavoro, preferibilmente precario); a meno che, come un paio di regioni del nord, non si riesca a beneficiare dei fondi extra, a diretta disposizione del Ministro.
Poi, tra cinque o dieci anni, qualcuno ci verrà a dire che anche all'Università il nord trascina il resto d'Italia, che invece è così, coriandolizzata...

venerdì 21 gennaio 2011

Colgada e Volcada

La cosa si fa seria, qui si parla di tango nuevo...
(il video non è un gran che, ma le figure sono esattamente quelle appena provate)

domenica 16 gennaio 2011

Collocàrsi

Come si vede, so perfettamente in ogni istante a che punto sono del racconto, e d'altronde è proprio questo il mio problema.


[Romain Gary, Mio caro pitone]

lunedì 9 agosto 2010

Compleanno

E' oggi.