martedì 30 novembre 2010

Un'innocente crudeltà

More about Un'innocente crudeltàBambini fin troppo innocenti, fin troppo crudeli, con una consuetudine estrema con la morte, il sangue, il male; bambini che sanno provocare il dolore semplicemente immaginandolo, e che non distinguono la realtà dal desiderio. 
L'effetto è trasognato, spaventoso; e irreale. 
L'elogio di Calvino, l'amicizia di Borges intimidiscono, e lo sguardo acuto della Ocampo in copertina suggerisce fiducia; e pure, alla fine dei racconti, rimane il desiderio di un tono un po' più basso, quotidiano, e di uno sguardo alle reali crudeltà dei bambini veri.

lunedì 15 novembre 2010

Venuto al mondo

More about Venuto al mondo
Non so cosa ho appena letto.
Un manuale di storia. Un diario intimo. Una visione allucinata.
Venuto al mondo di Margaret Mazzantini è un libro pieno di difetti.
Difetti di stile.
“La vedo come fosse adesso… un volto proletario, sofferto, eppure infinitamente dolce. Una di quelle persone benefiche che incontri per caso e ti viene voglia di abbracciare, perché ti sorridono dal fondo della loro esperienza umana e di colpo ti risarciscono dell’altra metà del mondo, quella accasciante delle persone rinserrate nella loro pozza di buio.” (p. 27)
“Le ciglia chiuse nel bianco delle palpebre sono un filare di alberi spogli nella neve… terra tagliata in due da una trincea.” (p. 37)
“Sarajevo adesso sembra una donna distesa, le strade sono tagli sul vestito di una sposa.” (p. 43)
Periodi come questi, barocchi, eccessivi, non invitano a continuare; le prime cento pagine le ho lette solo per affetto verso chi questo libro me l’ha regalato.
Difetti di realismo, in un racconto che per molti aspetti è quasi documentaristico.
Come può Gemma sparire per mesi, e poi ripresentarsi al lavoro come niente fosse e sentirsi dire “Dove ti eri cacciata? Sei un caporedattore!” Precario. Ma come, tutto qui? E il timore di perdere un traballante posto di lavoro? E la meschina contabilità di giorni e ore di permesso, tanto nota a qualsiasi dipendente? E le bollette, e il conto della spesa? Gemma non vive di rendita, men che meno Diego che si permette di scattare foto senza pellicola, e lei mai una volta che brontoli, che si lamenti, di cosa camperemo?
Difetti di prospettiva.
D’accordo l’io narrante, d’accordo che ognuno è centro a se stesso. Ma di cosa mai soffrivano gli occhi di Diego, oltre naturalmente che di un metaforico dolore dell’osservare il dolore? A cosa era dovuta la sua tosse? Cosa pensava delle attese negli studi di medici e psicologi, era anche suo il desiderio di essere genitore, come è arrivato a decidere o accettare di sposarsi… Personaggio vicino, vicinissimo, ma quasi ignoto. Tutto gira intorno a Gemma, tutti girano intorno a Gemma e rimangono sullo sfondo del suo desiderio, del suo dolore, del suo timore di essere abbandonata. In fondo Gemma rimane sempre la ragazzina viziata che era all’inizio; e 530 pagine di questo sono davvero un po’ troppe…
E pure, superate le prime cento pagine, il romanzo ha catturato la mia attenzione e non sono riuscita più a staccarmene, ho dormito poco e dormendo lo sognavo, mi pareva più reale del reale. Parlava di maternità e mi induceva a dare un’occhiata al sonno dei miei figli; parlava di guerra e mi faceva sentire in colpa per tutte le cose di cui non mi sono accorta al momento giusto, e migliore perché ora le conosco meglio; parlava di amore e mi sembrava di essere io quella che ama, e non ama più, e aspetta, e ancora aspetta, e poi forse non aspetta più… Non ho più fatto caso a certe frasi eccessive, forse ce n’erano di meno forse ci avevo fatto l’abitudine. Ho sorvolato sulla scarsa tenuta di alcuni personaggi. Ho finto di non accorgermi delle tante ripetizioni. E mi sono chiesta è possibile che la Mazzantini abbia davvero narrato una storia universale, capace di toccare corde intime, di raggiungere qualcosa che in fondo ci riguarda tutti?
Mi piacerebbe credere di aver letto un buon romanzo; ma ho lasciato passare qualche giorno e rimango circospetta e sospettosa. Piuttosto, credo e temo che Venuto al mondo sia il risultato ben riuscito di una attenta strategia editoriale. Un po’ di amore, un po’ di guerra; la ricerca della maternità; un anticonformismo addomesticato, rassicurante; poi l’attualità, un tocco di precariato, frivolezze da parrucchiere per autocompiacersi… et voilà.
Sfoglio la carta leggera, la copertina lucida della collana Grandi Bestsellers; e in trasparenza vedo un mondo di editor che scrivono e riscrivono a comando, dividendosi il lavoro per capitoli; direttori editoriali che fissano scadenze per la prima, seconda, terza ristampa, il lancio natalizio, la promozione estiva dell’edizione economica, perfetta da leggere in spiaggia con i lucciconi sotto l’occhiale da sole; dirigenti amministrativi che contrattano grandi anticipi e programmano come e in quanto tempo rientrare nelle spese; sceneggiatori che fin dall’inizio lavorano per la versione cinematografica (Gemma sarà Penelope Cruz, che vi piaccia o no; secondo me somigliava di più a Giovanna Mezzogiorno. Regista, indovinate un po’? Sergio Castellitto).
Mi dispiace, ma non mi fido.

domenica 14 novembre 2010

Boleo

giovedì 4 novembre 2010

Tutti i figli di Dio danzano

More about Tutti i figli di Dio danzanoSi comincia a leggere, ed ecco apparire uno dei mondi surreali che Murakami sa così bene evocare; ma non c'è poi abbastanza tempo per ambientarsi e cominciare a capire il luogo e le sue regole, per essere sconfessati e perdersi di nuovo, e una volta disorientati abbandonarsi alla lettura sospendendo il giudizio realistico e farsi trascinare dalla corrente... Manca insomma il bello di leggere Murakami. I racconti sembrano, tutti, abbozzi di romanzo; alcuni forse lo sono, o ne sono piuttosto il ricordo. 
Curiosamente, l'ultimo racconto contiene il ritratto di un giovane scrittore incapace di affrontare la vita reale, né di scrivere altro che racconti brevi, senza respiro, senza coraggio. Per l'uomo, l'esito è felice; lo scrittore, diventa alla fine Murakami romanziere.