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mercoledì 11 luglio 2018

Mindfulness

Una passa del tempo a provare a capire, a sforzarsi di comprendere.
Sarà capacità di focalizzare; sarà presenza; sarà effetto della meditazione... cosa mai sarà questa mindfulness.
Esplora e indaga, si interroga, sperimenta esercizi di respirazione, di visualizazione, di concentrazione.

Poi, un sabato mattina, capita un divano; capita un libro cominciato mesi prima; capita anche un computer che ha bisogno di ricaricarsi. E capita che all'improvviso non esista più niente altro che quel libro, e la sua storia, e il suo luogo e il suo tempo, e che fino a che l'ultima pagina non è prosciugata ci si dimentichi di sé e di essere al mondo.

Capita che anche questa sia una delle cose che si sapevano in un tempo lontano senza averne contezza.
E si era, forse, più felici.

martedì 19 settembre 2017

Helsinki: Dimensioni

Helsinki non è grande. Deve ospitare appena 650.000 abitanti, non molti per una capitale europea; e in mezz'ora di treno ci si trova già altrove. A Espoo, per esempio.

I finlandesi, invece, sì: sono grandi. Anche le donne. Nei negozi di scarpe, trovare ballerine taglia 42 è una cosa normale. Sono alti, sono ingombranti.
Però se li tocchi, a volte anche se soltanto li guardi, si imbarazzano e diventano serissimi. Se poi sorridi, vorrebbero sparire o almeno farsi piccoli piccoli.

Quando poi sono piccoli davvero, stanno fuori. I giardini sono pieni di classi dell'asilo, delle elementari delle medie che stanno all'aperto. I ragazzini sono già piccoli guerrieri, con capelli rasati e ciuffi raccolti in alto. I piccolini sembrano puffi: ciascuno con il suo berretto di cotone, con la sua giacchetta fosforescente. Chi vigila li lascia fare. Corrono in gruppi, picchiano rumorosamente con bastoni su tavole e per terra. Uno l'ho visto con la sua minuscola bicicletta senza pedali e il casco, fermo da solo a un semaforo. Avrà avuto tre anni al massimo, ed era pericolosamente vicino alla carreggiata. La mamma è arrivata dopo un po', con il fratellino più piccolo sul monopattino. Senza ansia. 

domenica 17 settembre 2017

Helsinki - Prime impressioni verdi

Dall'aereo boschi, boschi e ancora boschi.
L'aeroporto disseminato di serre e terrari.
E la toilette, perfino quella, ha una foto a parete con tronchi di betulle a perdita d'occhio, e cinquettio registrato ad allietare il momento.

Helsinki - In viaggio

Sono partita alla ventura.
Con un biglietto aereo, con un alloggio e con alcuni appuntamenti nei prossimi giorni; ma senza alcuna idea di dove sto andando. Non so come arriverò dall'aeroporto al centro, non so se ci sia il tram o la metropolitana, non conosco i piatti tipici, le usanze, i musei.
Per me Helsinki è un posto su a nord, dove c'è stata a un certo punto, circa diciotto anni fa, la possibilità di andare a vivere, a cominciare la vita adulta. Avevo già il  bagaglio pronto; invece, no. Allora sapevo che avrebbe fatto freddo e che ogni casa aveva una sauna. E che vi si parla una lingua che, come l'ungherese, non somiglia a niente.

Questa mattina ho preso un volo con scalo; e solo ora che sono seduta a un gate dell'aeroporto di Berlino, la Finlandia comincia a prendere forma. Di fronte a me siedono due ragazze dalla pelle lattiginosa e gli occhi opachi, con qualcosa di animale, e i tatuaggi che scorgo sulle loro caviglie mi fanno pensare a riti antichi. Più degli stessi tatuaggi sulla pelle di tanti altri ragazzi incrociati in tutta Europa, chissà perché. Una di loro ha guance piene e una boccuccia piccola sul mento rotondo, un broncio da bambina sotto occhi con un trucco pesante. C'è qualcosa in quest'incarnato pallido che mi attrae. Probabilmente nel giro di vent'anni crollerà; ma ora, nonostante la sua aria scafata, la sua curvilinea serietà è deliziosa. L'amica ha una frangia pesante di capelli troppo scuri e con un'ombra rossa, probabilmente tinti. Le iridi chiare mettono a fuoco punti lontani; neppure lei ride.

Due giovani vihinghi siedono a terra. Di un biondo giallastro, uno ha baffetti corti, l'altro la barba lunga. Parlano questa lingua che imparerò ad ascoltare. A tratti, ruttano.

Mi imbarco.

mercoledì 28 giugno 2017

Vu' cumprà

Mezzogiorno. Il tempo volge al brutto, negli stabilimenti gli ombrelloni vengono chiusi e raccolti, i bagnini si attardano a controllare che qualche imprudente non sia ancora in acqua. Sul lungomare, coppie atletiche di olandesi camminano tranquille accompagnate dai figli adolescenti, anziani pescatori osservano seduti su panchine troppo moderne, mamme apprensive rincorrono bambini o li trascinano verso casa.
Un uomo più nero della notte, serio, asciutto, si sporge oltre la ringhiera a osservare qualcosa di sotto, sulla spiaggia; da quella stessa ringhiera il vento fa sventolare i teli leggeri a disegni africani esposti in vendita. Una bimba nera quanto l'uomo e altrettanto seria, avrà otto anni, gli chiede qualcosa, brandendo un gelato. L'uomo annuisce e lei gli si avvia incontro, il vestitino fucsia svolazzante; dietro sale un altro bambino, più piccolo, concentrato su un gelato identico non ancora aperto.
"Per i figli si fa tutto" sorride da sotto il venditore di gelati.
"E' difficile" risponde il padre; "Difficile...".

martedì 27 giugno 2017

Eterno

Il sole del pomeriggio scalda ancora e fa sudare.
Due ragazzini di qui, la pelle percorsa da brividi, escono dall'acqua: sono le cinque ed è ora di andare. I capelli corti brillano d'acqua e di sale, i giovani muscoli guizzano sotto la pelle tesa. Tra qualche settimana quella pelle sarà cotta dal sole ma ora è soltanto giugno, la scuola è finita da poco. Si asciugano sommariamente, infilano le magliette sopra i pantaloncini grondanti, prendono i telefoni dallo zaino e avvisano a casa, "Sto arrivando, mamma" con la voce ancora infantile. Salutano gli amici e si avviano, insieme, senza fare la doccia: uno biondo uno moro, uno alto e robusto con la faccia da bambino, l'altro piccolo e scattante ma con l'espressione quasi adulta.

Poco più in là i fratelli maggiori, come a un comando, si alzano insieme dai loro asciugamani oziosi e si lanciano in acqua. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Ciascuno si tuffa e si avvia senza fermarsi ad aspettare il prossimo. Nuotando sfilano accanto all'alta roccia che emerge dal fondo a pochi metri da riva, poi scompaiono alla vista. Gabbiani urlanti, sempre identici e ignari di sé, volano sopra il golfo proiettando ombre enormi sulla parete del castello di Lerici.
I ragazzi ricompaiono oltre gli scogli. Figurine lontane, si arrampicano lenti e metodici come formiche fino a radunarsi su uno stesso spuntone di roccia. Là si fermano. Prendono fiato. Ridono, chi sa, fino a che uno si alza e si sporge. Immagino scenda il silenzio. Le dita dei piedi aggrappate alla roccia, i polmoni che si riempiono, le ginocchia flesse si preparano al salto. E via! Due secondi e mezzo di accelerazione, poi la figura scompare di nuovo ed emergono schizzi alti di schiuma salata. Si lanciano il secondo, il terzo, e già il primo sta risalendo, lento, determinato.
Non so cosa sia a farli decidere, ma a un tratto si fermano sulla roccia su in alto, senza tuffarsi. Passa altro tempo, a un tratto li cerco con lo sguardo e non ci sono più. Li trovo nel mare: nuotano, stanno tornando.

Sempre identici, ignari di sé.

lunedì 3 ottobre 2016

Gemütlichkeit

[ɡəˈmyːtlɪçkaɪt]
Sensazione o atmosfera di intimità, calore, amicizia.

domenica 2 ottobre 2016

Dirndl

domenica 18 settembre 2016

Camóma

Andar co' la camoma: significa procedere con molta calma. L'etimologia di camoma non è certa. C'è chi la fa risalire a un termine portoghese che indica la bonaccia, condizione che rallenta il percorso delle navi. Altri la riferiscono a una fune da traino, e altri ancora la associano a un termine greco legato al lavoro, sottintendendo che lavorare stanca.
È uno dei termini più in uso a Venezia.
Tutti i veneziani si muovono con la camoma, è intrinseco all'essere veneziano. Impossibile aver fretta: Venezia non te lo consente.

(Grazie C.)

venerdì 25 ottobre 2013

Ospitalità

Palermo. Entro in un bar a metà pomeriggio:
- Buonasera, vorrei una bottiglietta d'acqua.
- Prenda, è nel frigo.
Prendo, appoggio un euro sul bancone.
- 80 centesimi
- ...c'è scritto un euro...
Lei mi guarda, sorride.
- Lo so.

sabato 12 ottobre 2013

Letteratura portoghese

Circa un mese fa sono entrata in una Libreria. Ho chiesto chi fossero i portoghesi da leggere, dopo Pessoa e Saramago.
Il Libraio mi ha risposto a caldo:
- Equatore di Sousa Tavares. E qualcosa di Lobo Antunes.
Un libraio che merita la L maiuscola.

Ho letto, direi che ho bevuto Lobo Antunes: superate le prime pagine faticose e dense, presa l'abitudine ad affrontare riga dopo riga una scrittura che straripa, il lungo doloroso monologo di In culo al mondo coinvolge, avvolge, e ci si trova ad affondare in una mattina grigia in cui tutti si affaccendano mentre uno, almeno uno, affonda irrimediabilmente nel non-senso di ricordi troppo difficili per essere condivisi. Parla di guerra, di orrore; e lo fa con crudezza e disincanto, un modo per difendersi si direbbe. Ma parla anche di amore, e ci riesce altrettanto bene. Di amore perduto, di nostalgia. Di più: parla di sesso, ed è credibile. Non volgare, non melenso, non ammiccante: vero.

Con Sousa Tavares sto arrancando tuttora, vedremo.

Nel frattempo sono stata in Portogallo e sono tornata, ho scoperto che dietro il Portogallo c'è l'Angola, e anche un po' di Mozambico. Sospetto sia soltanto l'inizio di un viaggio.

Oggi tornerò da quel Libraio, lo ringrazierò, gli racconterò tutto questo. E gli chiederò che ne pensa di Dulce Maria Cardoso, e se gli sembra che valga la pena di leggere Il ritorno, appena uscito e recensito un po' ovunque, che probabilmente non avrei nemmeno notato se non ci fosse stata di mezzo la Vita.

venerdì 27 settembre 2013

Porto / Design

Mi piacciono gli armadi con le ante e i cassetti.
Mi piacciono le linee curve e gli imprevisti.
Mi piacciono i bagni con il bidet, e poi per favore una porta!
Mi piacciono le docce che non allagano l'intera stanza mentre ti fai lo shampoo.
Infine, mi piace sentirmi a casa; poter rimanere spettinata senza dover pensare che stono con il contesto.

Perciò, a futura memoria: evitare come la peste gli hotel design, anche se le foto sono splendide!

venerdì 23 agosto 2013

Chi credi di essere?

Non lo so.
E pure, ho compiuto quarantadue anni, dovrei saperlo ormai.

(in treno, leggendo Siri Husvedt)

lunedì 26 settembre 2011

Dublino a colori

Sicuramente verde. Prati anche nel mezzo del traffico e soprattutto nelle Università, sia il Trinity College in pieno centro, tanto più l'UCD e il suo immenso campus. Vestiti: quasi tutti i dublinesi indossano qualcosa del loro colore nazionale, sciarpe berretti felpe maglioni, ma anche cravatte e abiti eleganti e orecchini e cappotti. E poi pareti, tra tutte quelle della National Library, arredi (il salotto nel bagno della N.L., memorabile!), manifesti, oggetti di ogni genere.

Arancione: i capelli. Che non sono davvero rossi, ma soprattutto nei bambini percorrono infinite gradazioni di colori di fiamma. E, naturalmente, la bandiera.

Grigio: il cielo. Sempre.

Azzurro e blu, verde e giallo: le sciarpe dei tifosi diretti alla finale nazionale di football al Croke park, domenica 18. Alla fine ha vinto Dublino, contro il Kerry, e non succedeva da 16 anni: hanno bevuto, tanto, e tutti insieme, e il giorno seguente erano quasi tutti in ferie.

Bordeaux, antracite, blu. I colori delle divise scolastiche, ragazzi tutti uguali e ugualmente annoiati, ragazze obbligate fino a 18 anni a indossare gonnellone tristi e improbabili.

Dublino prima e dopo

Prima di partire, Dublino è il ricordo lontano e sfocato di una città fredda anche in agosto, capitale di un paese povero dove si fa l'autostop perché non ci soldi per prendere il treno, e anche perché a volte non c'è nemmeno il treno. Dublino: scogli grigi di fronte a un mare più grigio, sotto una torre tozza e muta. Cartelli per turisti con biografie di scrittori. Lo svincolo di una superstrada che parte sussiegosa, per ridiventare tratturo appena raggiunta la campagna.

Ora, al ritorno, Dublino è assai più viva. Centro grande, persone determinate e piene di iniziativa, professionali, decise. Strade vivaci, negozi pieni di merci e di gente. Sui marciapiedi, passi veloci di chi sa dove sta andando. Servizi e istituzioni che funzionano, cultura a ogni passo. Dublino oggi: capitale di un paese che ha subito una scossa forte ma non si ferma, mantiene la direzione, e rimane ospitale e curioso e gioviale com'era.

domenica 25 settembre 2011

Dublino - James Joyce

Appunti per l'Ulysses / 1
Appunti per l'Ulysses / 2

Sala di lettura della National Library
Joyce in O'Connel St.
Finn's Hotel
Sweny's Chemist


Porta di 7 Eccles St.

domenica 18 settembre 2011

Dublino - Tango Milonguero

mercoledì 2 marzo 2011

Berlino

More about BerlinoLonely Planet non tradisce: ottima guida, informale ma precisa, affidabile. Da usare ancora, nel prossimo viaggio che certamente dovrà esserci. Attenzione però ai trasporti, aprono nuove stazioni e nuove linee, per il metrò è meglio procurarsi una mappa aggiornata. Le mappe dei quartieri sono sufficientemente chiare, un po' complicate le indicazioni per risalire dai numeri in pianta al nome di luoghi e monumenti.

lunedì 28 febbraio 2011

Contrattempi

Sbagliare strada. Perdere l’aereo. Dimenticare la carta di credito al sexy-shop. Accorgersi di non aver messo il rullino nella macchina fotografica. Buttare via la ricevuta del parcheggio dell’aeroporto. Arrivare alle 14.05 a una visita che incomincia alle 14, dimenticando che siamo in  Germania; e dover aspettare un’ora prima che cominci la prossima.

domenica 27 febbraio 2011

Berlino: il Muro

-          Cosa fa il muro di Berlino?
-          Divide a mezzo una città.
Sbagliato. Il muro non è una linea retta, ma una forma chiusa. Circonda, non scinde. Per questo la donna-angelo di cui Damiel si innamora dice che a Berlino non ci si può perdere. Il muro corre intorno a Berlino ovest, e non è più così chiaro se prigioniero sia chi è stato accerchiato, o chi è rimasto fuori.
Il muro era lungo centosessanta chilometri; e lo è ancora, solo che non lo si vede più, e ad attraversarlo si sente appena un leggero brivido. Forse un terzo del muro è ciò che siamo abituati a immaginare: pannelli di cemento colorati su un lato, e al di là case appena un po’ più tristi. Ma per oltre due terzi il muro corre tra prati alberi e ruscelli e casette di periferia e fattorie in aperta campagna, e appare se possibile ancora più insensato.