Vi sposerete presto, disse Adelina a un tratto.
Le due restarono con la falce in mano a guardarla: E tu come lo sai?
L'ho visto lì rispose Adelina, indicando col dito due uccellini che giravano in tondo attorno alla cima di un pioppo. Quello è un anello di matrimonio.
Cosa?
Le due abbandonarono la falce e le si fecero vicinissime, e la assediarono di domande. Come, dove, quando, con chi?
Adelina allora si rese conto di aver scatenato una tempesta nell'animo di quelle due. E capì allo stesso tempo di aver commesso un grave errore: si era svelata per quello che era, una ianara.
Cercò di rimediare.
Ma scherzavo, disse, fingendo di ridere. Davvero ci avete creduto?
Le due ragazze, però, neanche la sentivano, e insistevano: e cosa hai visto? e com'era? e fra quanto?
Non ho visto niente, cercava di convincerle Adelina, ho detto così perché siete giovani e belle ed è normale che un marito lo troverete.
Allora le due smisero di fare domande e ripresero a falciare, ma poiché le parole, una volta dette, non possono essere ritirate, e agiscono e producono effetti in chi le ha ascoltate, nel fondo dei loro pensieri si produsse qualcosa che era insieme speranza e certezza. Così eccole ridere per niente, farsi più sfrontate, provocare i maschi che lavoravano nei campi e che erano venuti anche dai paesi vicini per la mietitura.
Diventarono anche più belle, perché la speranza accese i loro sguardi e perfezionò il loro portamento, che divenne più eretto quando con le brocche o i cesti sulla testa passavano davanti ai contadini.
E il tre settembre, festa di san Gregorio, le due ragazze, già con le pance, si sposarono nella chiesa di Sant'Eustachio.
[Licia Giaquinto, La ianara]
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