lunedì 27 giugno 2011

Educazione

Mattina, le otto suppergiù. Autobus pieno di studenti e impiegati.
Sale un uomo con i capelli bianchi, avrà sessantacinque anni, forse settanta.
Si guarda brevemente intorno, quindi afferra un sostegno, e l'autobus riparte.

Sarebbe 'educazione' alzarsi e lasciare il posto, non è così?
Ma d'altra parte, a cosa siamo stati tutti 'educati'? A restare e apparire giovani, perché la vecchiaia non va nominata né pensata, è offensiva, è brutta e va negata con ogni forza.
Lasciare il posto, dunque?
Ad una donna incinta, si. A chi ha una gamba ingessata, certamente! Con un sorriso umano e comprensivo.
Ma a quest'uomo? Come si può cedergli il posto, ovvero dirgli che è un Vecchio? Che non sta bene, e allora diremo Anziano. Come dire a qualcuno che la sua vita è ormai di nessun conto, che non corrisponde più alla moda, né al buon gusto, e che tutto questo è irrimediabile?
Ci sarebbe voluto un bel coraggio ad alzarsi, guardarlo in viso e dire: "Vuole sedersi?"
Lui, probabilmente, ci sarebbe rimasto male.


Ancora una volta, nell'etimologia una possibile salvezza: educare, e-ducere, condurre fuori. Aiutare le buone inclinazioni ad emergere, manifestarsi. Socraticamente, far uscire dall'uomo il meglio che ha, lasciare che prenda forma la Persona che ancora non siamo pienamente. Capace di alzarsi sorridendo e, forse, un giorno, anche di invecchiare serenamente.

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