giovedì 8 gennaio 2009

Nel bel mezzo di un romanzo

Nell'ultimo numero di Internazionale (#776), Zadie Smith racconta il suo modo di scrivere. Scrivere romanzi, perché questo è il suo mestiere. Si descrive come una "micromanager", dice di cominciare dalla prima riga e di proseguire, avanti e ancora avanti, fino all'ultima, senza sapere prima dove la porterà la storia. Annoto qui che, nel mio piccolo, appartengo piuttosto, senza averlo scelto, alla categoria "macropianificatori", e ho cassetti pieni di appunti per trame, strutture, profili di personaggi. Non potrei scrivere nemmeno una riga, senza avere ben chiaro in mente dove si andrà a finire, e un'idea abbastanza precisa di come ci si arriverà.


Dopo aver attraversato le fasi DOP (Disturbo Ossessivo della Prospettiva), Le parole degli altri parte prima, Le parole degli altri parte seconda, ecco che Zadie Smith si trova Nel Bel Mezzo del Romanzo:


Nel bel mezzo di un romanzo, una specie di pensiero magico s'impadronisce di me. Tanto per chiarire, il "bel mezzo" può anche non capitare proprio nel centro geografico del romanzo. Con questa espressione mi riferisco piuttosto alla pagina, qualunque sia, su cui ti trovi quando smetti di far parte del tuo ménage e della tua famiglia, quando non conosci più il tuo partner e i tuoi figli, quando non sai più cosa sia far la spesa e dar da mangiare al cane e leggere la posta. Insomma, quando non c'è più niente al mondo tranne il tuo romanzo, e anche mentre tua moglie t'informa che va a letto con tuo fratello, la sua faccia ti sembra un gigantesco punto e virgola, le sue braccia due parentesi, perché tu sei occupato a chiederti se sia meglio il verbo "frugare" o "rovistare".

Ecco. Io credo che conoscere questo stato d'animo sia una delle ragioni per cui vale la pena vivere.

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