David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi
E' più di un mese che ho finito di leggere le Interviste di DFW; e ancora oggi devo forzarmi per scriverne qualcosa.
Sarà forse perché tutto sembra già essere stato pensato, e considerato, e criticato, e scritto in quella stessa pagina che tentiamo di chiosare.
E poi c'è la sofferenza.
Durante la lettura, mentre l'occhio scorreva sulle righe, pensavo che sarebbe stato meglio rallentare, prestare più ascolto, provare a capire; e pure, non volendomi arrendere a sorvolare su interi paragrafi, concretizzavo il desiderio di fuga leggendo in velocità, nel tentativo che tutto finisse il prima possibile.
Da allora, le parole di DFW sedimentano lentamente e io cerco di abituarmi ai diversi generi di dolore che hanno risvegliato. Il campionario è ampio: di racconto in racconto, ci si può immedesimare nel bambino che si tuffa o in sua madre distratta e poi preoccupata ma comunque lontana; nella persona depressa o in chi nonostante tutto l'ascolta; nel padre che odia suo figlio o nel figlio che si suicida come dono estremo a sua madre che non l'ha mai amato. In chi abbandona e in chi abbandonato, in chi stupra e in chi è stuprato. Fa tutto troppo male, e una volta chiuso il libro la cosa migliore è dimenticare tutto. La reazione è così forte che davvero, poche ore o anche pochi minuti dopo aver chiuso il libro, sembrava non ne fosse rimasto nulla.
Ma, posta qualche distanza tra me e le pagine scritte, ecco che lentamente qualcosa riemerge. Non più dolore, non più disgusto per questi uomini "schifosi" e per l'odio di sé che tutti senza eccezioni provano e dissimulano e per la distanza fatta di diffidenza e sospetto che irreparabilmente li divide; ma qualcosa di diverso.
Vedo un giovane scrittore umanista e poco adatto ai salotti osservare gli uomini e le donne e la loro meschinità, e osservare se stesso con lo stesso occhio disincantato. Lo vedo scrutare e descrivere la pochezza dei propri moventi, e dei loro. Lo vedo computare le sofferenze provate da ciascuno e quelle inflitte, e sperare in una migliore comprensione che permetta a ciascuno di capire di più, e di più perdonare a questa umanità dolente. Lo vedo riconoscere in ciascuno la sua stessa nostalgia di un'umanità diversa.
E ancora lo vedo farsi carico di tutto questo, accorgersi un giorno di non averne la forza.
E alla fine arrendersi.
Letto e piaciuto!
RispondiElimina"...e descrivere la pochezza dei propri moventi, e dei loro."
Francesco...swiss-made!
Ciao Frà! :-)
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