Ti ricordi come una mattina il vivere, l'essere a nostra immagine da tanto tempo atteso, è uscito dalla savana, l'erba incollata alla fronte? E come la sua prima parola fosse un grido? Disse "ah!"; o "aaah!"; oppure "oh!". O fu semplicemente un gemito. Di quest'uomo abbiamo potuto ridere, finalmente: per la prima volta. E dal suo grido, e dal modo con cui chiamava i suoi successori, abbiamo imparato a parlare.
Una lunga storia: il sole, i lampi, il tuono su nel cielo, e sotto, sulla terra, i falò, i salti in aria, le danze circolari, i segni, la scrittura. Poi all'improvviso uno uscì dal cerchio: si mise a correre dritto, e intanto che correva sempre dritto (curvando, qualche volta, per baldanza) sembrò libero. E noi allora potemmo ridere con lui. Ma poi cambiò di colpo: si mise a correre a zig zag, le pietre volavano... Con la sua fuga iniziava un'altra storia: la storia delle guerre, che ancora dura. Ma anche la prima, quella dell'erba, del sole, dei salti in aria e delle grida, dura ancora... [Damiel]
Stupore. Stupore grande è scoprire che questo bellissimo poetico film - con i monologhi lucidi e sospesi di Peter Handke, con le riflessioni sull'umanità e la sensazione, sulla finitezza e la realtà, con tante tante scene nella grande biblioteca, tra il brusio sommesso del pensiero di chi studia (quante volte l'ho sentito! quante volte sono entrata in biblioteca per goderne, per sapere di farne parte!)... - che questo film è stato girato per intero senza il sostegno della parola scritta. Senza un copione.
Quanta fiducia nell'umanità dell'uomo, nella sua capacità di creare e di essere. Quale bellissimo esempio di follia, nell'affidarsi a se stessi senza la pretesa di potersi bastare.
Poi c'è Berlino; e per le sale da ballo demolite, per le strade e le piazze e i muri che non esistono più, per i nuovi centri commerciali e l'anima antica, rimane ancora tanta curiosità.
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