Che cos'è un atto poetico, domandò il re, Non si sa, mio signore, lo scopriamo solo quando ormai è avvenuto
[José Saramago, Il viaggio dell'elefante]
parole scritte o dette, parole in versi o in prosa, parole per convincere o per ricordare, per confidarsi, redimersi o mentire: questo spazio è dedicato alla lettura, alla scrittura, e alla vita.
martedì 31 maggio 2011
Pietas
"La pietas è la capacità di vincere lasciando che il nemico... muoia per conto suo".
(Giovanni Floris, sull'onda di un evidente entusiasmo)
(Giovanni Floris, sull'onda di un evidente entusiasmo)
domenica 29 maggio 2011
Pirotecnico
Philip Roth, Lamento di Portnoy
Ecco, diciamo che dopo un centocinquanta pagine, tutto questo affaccendarsi intorno al centro-del-mondo può risultare un po' ripetitivo. Diciamo che dopo aver letto una quindicina dei romanzi di Roth la sorpresa viene a mancare. Diciamo, diciamo, che a certe cose ormai ci si è quasi abituati, e che Roth stesso, altrove, sa essere altrettanto esplicito e dissacrante e pirotecnico, ma molto più avvincente che nel lamentoso monologo di presentazione di Alex Portnoy al suo analista, l'impagabile dottor Spielvogel (en passant: "spielvogel" = "uccello giocattolo"!!) il quale solo a pagina 236, finalmente, si pronuncerà.
Ecco, diciamo che dopo un centocinquanta pagine, tutto questo affaccendarsi intorno al centro-del-mondo può risultare un po' ripetitivo. Diciamo che dopo aver letto una quindicina dei romanzi di Roth la sorpresa viene a mancare. Diciamo, diciamo, che a certe cose ormai ci si è quasi abituati, e che Roth stesso, altrove, sa essere altrettanto esplicito e dissacrante e pirotecnico, ma molto più avvincente che nel lamentoso monologo di presentazione di Alex Portnoy al suo analista, l'impagabile dottor Spielvogel (en passant: "spielvogel" = "uccello giocattolo"!!) il quale solo a pagina 236, finalmente, si pronuncerà.
Poi, però, ci si ricorda anche che questo romanzo è stato pubblicato nel lontanissimo 1967 (o era il 1969?): prima delle ombre sugli anni Ottanta, prima della libertà sessuale dei Settanta, Roth scrive quando Woody Allen muove appena i primi passi a Hollywood - e bisognerà attendere il 1972 per vederlo nei panni dello spermatozoo frustrato, nell'ultimo episodio di "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere)". Nello stesso anno, tra l'altro, uscì un film tratto dal Lamento: un totale fallimento, a quanto pare. Ma... a ciascuno la sua arte.
1967: siamo quasi nella preistoria: muore Che Guevara, Kurt Kobain porta ancora il pannolino, e un Philip Roth trentaquattrenne osa intitolare i suoi capitoli "Whacking Off" (Seghe) e "Cunt Crazy" (Figomania), concludendo quest'ultimo con la disperata domanda di Alex di fronte al misteriosissimo piacere femminile: "Com'è? Prima di diventare matto, devo sapere com'è!"
1967: siamo quasi nella preistoria: muore Che Guevara, Kurt Kobain porta ancora il pannolino, e un Philip Roth trentaquattrenne osa intitolare i suoi capitoli "Whacking Off" (Seghe) e "Cunt Crazy" (Figomania), concludendo quest'ultimo con la disperata domanda di Alex di fronte al misteriosissimo piacere femminile: "Com'è? Prima di diventare matto, devo sapere com'è!"
Ci vuole un bel coraggio; anche a non tentare nemmeno di difendersi dicendo che non si tratta di autobiografia. E di che altro, se no? Alex Portnoy ha reso un servizio inestimabile a figli ebrei e cattolici, probabilmente anche ad altri; e alle loro compagne e fidanzate e amiche, che da allora possono contare su un manuale di istruzioni affidabile e chiaro.
D'accordo, Roth può fare di meglio. E d'accordo, forse non è per il coraggio, né per il servizio reso alla società che si merita il Nobel. Ma il Lamento di Portnoy rimane un romanzo imperdibile, ed esilarante, anche a quasi 45 anni dalla pubblicazione.
martedì 24 maggio 2011
Bovarismo [bo-va-rì-smo]
s.m.: Inquietudine esistenziale provocata dal divario tra le condizioni di vita reali e le proprie aspirazioni [Il Sabatini Coletti - Dizionario della lingua italiana]
sm. [dal nome della protagonista del romanzo di Flaubert, Madame Bovary]. Indica la quotidiana insoddisfazione, il sogno dell'impossibile, lo scoramento della creatura umana languente in un mondo assai simile alla prigione, dove la vita si arresta sconfinando nel sogno di una libertà volta alle grandi cose. Il bovarismo è l'espressione di quell'ardente necessità di superare se stessi, forse sorretta dall'intuita, se pur non compresa, desolata realtà del proprio essere che impedisce di realizzarsi diversamente da come si è. L'analisi di questa contraddizione tra l'essere e la fantasia liberatrice ha trovato il suo giudice nel filosofo francese J. Gaultier de Laguionie, che ha ravvisato nel personaggio di Flaubert i sintomi di una vera e propria malattia dello spirito. [Sapere.it]
s.m. LETTER Atteggiamento di chi si ritiene diverso da quello che è, costruendosi un mondo immaginario nel quale proietta desideri e frustazioni che nascono dall'insoddisfazione per la propria condizione reale [Aldo Gabrielli - Grande Dizionario italiano]
In psicologia (dalla protagonista del romanzo Madame Bovary di G. Flaubert), tendenza a costruirsi una personalità fittizia e a sostenere un ruolo non corrispondente alla propria condizione sociale. [Treccani.it]
Quello al bovarismo (malattia testualmente contagiosa) è inoltre il sesto dei dieci diritti del lettore secondo Daniel Pennac: "E’ questo, a grandi linee, il “bovarismo”, la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che vibrano, il cuore che si accende, l’adrenalina che sprizza, l’dentificazione che diventa totale e il cervello che prende (momentanemente) le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco… E’ il nostro primo stato di lettori."
E pure, e pure. Forse merita maggiore simpatia e indulgenza quell'Emma Bovary, non così incapace di cambiare ciò che non la soddisfa, coraggiosa e sfrontata quando va alla ricerca di un piacere proibito, negato, irraggiungibile e per questo assolutamente delizioso.
Bovarista non è piuttosto suo marito? Quel dottor Bovary incapace di vedere la realtà, tanto meno di modificarla. Meno reale di Emma, meno drammatico, meno concreto.
E si, allora: Emma, c'est moi. E ben venga la voracità letteraria, ben vengano i sogni ad occhi aperti, lo sguardo lucido di chi vive, e intanto vede scorrere in trasparenza le immagini del romanzo che lo aspetta fedele la sera, sul comodino accanto al letto. Ben venga il desiderio di storie. Ben venga infine la frenesia segreta di chi sorridendo cerca il modo per sottrarsi al chiasso e ritirarsi in un angolo tranquillo. A leggere.
Perché "c'è sempre un desiderio che trascina, e una convenienza che trattiene".
Perché "c'è sempre un desiderio che trascina, e una convenienza che trattiene".
lunedì 16 maggio 2011
Wanderlust
Wanderlust s.f. (-) voglia f. di camminare, voglia f. di girare (il Sansoni Tedesco)
wanderlust / ˈwɒndəlʌst/ n. desiderio m. di viaggiare, passione f. per i viaggi. (Oxford English Dict.)
Troppo poco, Wanderlust non è solo questo.
//TO WANDER: VERBO TR. 1) VAGARE, ERRARE, VAGABONDARE; PERCORRERE SENZA META 2) DEVIARE, USCIRE DALLA RETTA VIA; SMARRIRSI (ANCHE FIG.) 3) VANEGGIARE; DELIRARE- **HAZON GARZANTI, DIZIONARIO INGLESE-ITALIANO
Ecco. Forse questa volta ci avviciniamo di più.
Approfondiamo:
//LUST: SOST. 1) LUSSURIA, SENSUALITÀ, CONCUPISCENZA 2) BRAMA, AVIDITÀ
**HAZON GARZANTI, DIZIONARIO INGLESE-ITALIANO
Credo di aver trovato, se non altro, il mio dizionario di inglese.
sabato 14 maggio 2011
Il vangelo secondo Gesù Cristo
Il Vangelo di Saramago si apre con un ‘manifesto di stile’: la magistrale e virtuosistica ecfrasi dell'incisione di Dürer e il modo insieme colloquiale ed ostico di approcciare la scrittura sembrano fatti apposta per selezionare i lettori fin dall’inizio. Inoltre, dopo appena un paio di pagine, Saramago ci mette in guardia: qui non troveremo dottrina ma molta, molta umanità. Quanto a forma e contenuto, se pure vogliamo immaginarli scindibili, il lettore è dunque avvertito e sa già quanto basta per immaginare a cosa stia andando incontro: quattrocento pagine impegnative e dense di dubbi, che lo lasceranno più disorientato di quanto non fosse all’inizio.
Donna
Il romanzo è popolato da uomini spesso patetici e disorientati, persi tra lodi dovute e cavilli dottrinali. Al loro fianco, donne concrete, pragmatiche: sono loro a conoscere realmente cosa sia la vita, e questo non per via di studio, ma per quotidiana necessità. Derise perché inferiori, temute in quanto detentrici di oscuri poteri, quello della parola prima di tutti: "Se la legge non avesse messo a tacere per sempre le donne, saprebbero dirci, poiché hanno inventato quel primo peccato da cui tutti gli altri discendono, quanto ancora non conosciamo". Basterebbe chiedere, insomma, per scoprire che quel peccato non è tale ma è parte della vita, per capire finalmente come l'esistenza possa essere una pratica quotidiana semplice e forse perfino gioiosa.
Ma, anziché dialogare con chi hanno accanto, gli uomini inventano Dio. Lo fanno per proteggersi da quanto non comprendono, e per spiegarselo. Un Dio fragile, destinato a morire con le sue creature perché è nato da loro, creatura a sua volta del loro bisogno e delle loro paure.
Ma, anziché dialogare con chi hanno accanto, gli uomini inventano Dio. Lo fanno per proteggersi da quanto non comprendono, e per spiegarselo. Un Dio fragile, destinato a morire con le sue creature perché è nato da loro, creatura a sua volta del loro bisogno e delle loro paure.
Ma la donna rimane, ferma, stabile; e capace di amore – un amore, a sorpresa, che nasce dal corpo, e solo più tardi raggiunge l'anima. "Non sarai nessuno se non amerai te stesso, non giungerai a Dio se non arriverai prima al tuo corpo."
La donna, essere naturale. Donna capace di carezze e brividi, rassicurante, intatta e presente all'Amore nonostante si sia venduta a tanti - regalando loro, immaginiamo con istintiva simpatia per la Maddalena, momenti brevi di serenità e sollievo dal mondo. Donna che insegna un amore tutto terreno, l'unico che ci è dato, e l'uomo finalmente impara: "Ciò che tu insegni non è prigione, ma libertà."
Donna che capisce e conosce: “Come lo sai, tu, Le donne hanno altri modi di pensare, forse perché il nostro corpo è diverso, dev'essere per questo, sì, dev'essere per questo".
Scrittura e Ateismo
Nessun lettore di Saramago è innocente; men che meno lo siamo nel leggere il suo vangelo, di cui conosciamo già bene le vicende. L'autore, lo attendiamo al varco per scoprire come se la caverà, da quale inedito punto di vista ci saprà racconterà quel che già ci sembra di sapere.
Saramago gioca con il lettore parlandogli con voce di narratore onnisciente, nostro contemporaneo e ironico; e quando lascia la parola ai personaggi, non smette di prenderne le distanze, così che il lettore non si possa mai del tutto affidare alla storia, ma sia costretto a rimanere vigile e critico.
In un corto circuito di onnipotenza del narratore, sarà lui stesso e non i fatti, né tanto meno noi, a decidere quali saranno le vicende, e sarà lui a imporci di fingere di non sapere come andrà a finire, dovremo condividerne i dubbi e seguirne il percorso, e in conclusione l'unica verità vera di questo vangelo sarà quella narrata, quella scritta e ormai immutabile: “verrà un giorno in cui si sarà ormai persa ogni memoria dell'accaduto, e allora, visto che gli uomini vogliono per ogni cosa una spiegazione, falsa o vera, si inventeranno storie e leggende, all'inizio ancora con qualche relazione con i fatti, che poi sarà sempre più tenue, fino a quando si trasformerà tutto in pura fabula." La realtà inventata da Saramago sarà dunque ‘vera’, né più né meno di quanto sono state e sono "vere" le narrazioni dei vangeli canonici.
Non stupiscono le accuse di blasfemia alzatesi dalla Chiesa cattolica all'uscita del romanzo: Saramago demolisce ogni possibilità di gerarchia ecclesiastica in nome di una religiosità sincera e diretta tra l'uomo e il proprio bisogno di trascendenza. E altrettanto si spiega l'ammirazione per la potenza narrativa del cantastorie Saramago.
Non stupiscono le accuse di blasfemia alzatesi dalla Chiesa cattolica all'uscita del romanzo: Saramago demolisce ogni possibilità di gerarchia ecclesiastica in nome di una religiosità sincera e diretta tra l'uomo e il proprio bisogno di trascendenza. E altrettanto si spiega l'ammirazione per la potenza narrativa del cantastorie Saramago.
Lungo il romanzo, perfino la fede nella parola, quella minuscola, umana, slitta impercettibilmente nel relativismo: "l'istante è arrivato ed è passato, il tempo ci porta fin dove s'inventa una memoria, era così oppure no, è tutto come noi diciamo che è stato". Non si tratta più, qui, nemmeno di credere o meno nella verità storica della narrazione evangelica; si tratta di capire se i fatti esistano tout-court, o quanto meno se la loro esistenza abbia un peso, visto che esisterà solo ciò che saremo in grado di dire in parole. Fiducia nel verbo, o sfiducia nella realtà?
Bene, Male, Libero Arbitrio
Gesù sceglie di seguire Pastore, rimane con li per quattro anni; ne fa un nuovo padre, e verso di lui è insieme guardingo e fiducioso. Impara la sua legge, che è legge tutta umana fondata sulla ragione: che senso potrà mai avere sacrificare un agnello, tanti agnelli? Per tutto il romanzo, Pastore continua a sembrare migliore di Dio: "mi sono limitato a prendere ciò che Dio non ha voluto, la carne, con la sua gioia e la sua tristezza, la gioventù e la vecchiaia, la freschezza e il marciume, ma non è vero che la paura sia una mia arma, non ricordo di essere stato io a inventare il peccato e il suo castigo, e la paura che li accompagna sempre". Gesù fa una scelta difficile, lo segue e volta le spalle al tempio.
Di fronte all'incontro non mediato con il Dio capriccioso dell'Antico Testamento, tuttavia, non sa rimanere coerente: trasgredisce, sacrifica a Dio e se ne deve andare.
Gesù sarà, sarà, è già l’agnello; e a nulla varrà, in seguito, cambiare opinione.
Saramago sembra brevemente darci speranza: "il destino non è affatto quello che crediamo, noi pensiamo che tutto sa deciso fin da principio, mentre la verità e ben diversa [...] il destino è la cosa più difficile che esista al mondo". Potrebbe esserci dunque una via d’uscita, uno spazio per il libero arbitrio? Un modo per tentare di liberarsi dal patto con cui Gesù, per ambizione, si è incautamente venduto l'anima. Può essere forse l'amore umano e vero e rivoluzionario per la Maddalena, amante e sposa fuori dalla legge, basti a rompere il patto con Dio e rendere Gesù l'Uomo che pareva destinato a divenire.
Ma non è così perché il suo destino Gesù, in un momento scellerato, l’ha scelto e accettato. Il patto di potere non è revocabile e lo condanna a non essere mai Uomo ma solamente imago Dei, con la stessa insoddisfazione di Dio, con la sua stessa ambizione, con la stessa brama. Identico a quel Dio che, in un gioco speculare e contorto, per l'ateo Saramago Dio è a sua volta immagine, Persona (Pessoa) dell'uomo e di tutte le sue miserie, in un circolo di paura che si avvita su se stesso e ci precipita tutti in un viluppo di martirio e di automortificazione.
giovedì 12 maggio 2011
Il professore di desiderio
Storia del Desiderio: potrebbe essere il romanzo centrale di un'intera carriera di scrittore, di questo scrittore. Invece, no. Il pensiero non spicca mail il volo, mancano l'audacia e la vertigine di certe sue pagine spietate.
Roth rimane comunque (o meglio: era già nel 1977, quando scriveva queste pagine e aveva 44 anni e poteva permettersi di considerare vecchio un uomo di 65) l'osservatore implacabile di sempre, spia di ogni propria ed altrui debolezza e umana miseria.
Scrive il prof. David Kepesh nella sua onirica prolusione: "[...] non concordo con alcuni miei colleghi secondo cui la letteratura, nei suoi momenti più validi e interessanti, è <>": ed è così, per Kepesh e Roth e Zuckermann e tutti gli eteronimi, la letteratura è vera, la letteratura è la cosa più vera e più seria e grave e rischiosa a cui valga la pena di dedicarsi.
E allora forza, lasciamo che siano fotografate e pubblicate le nostre paure, scandagliato il nostro desiderio, il male che ci facciamo, il bene che non sappiamo farci bastare mai, la ricerca febbrile di una vita che sfugge sempre, le possibilità che ci neghiamo con ciascuna nostra scelta, e naturalmente l'assurdità della morte, dell'io che termina, la nostra inaccettabile finitezza.
Non il Roth migliore; ma comunque, che gran bella lettura!
Roth rimane comunque (o meglio: era già nel 1977, quando scriveva queste pagine e aveva 44 anni e poteva permettersi di considerare vecchio un uomo di 65) l'osservatore implacabile di sempre, spia di ogni propria ed altrui debolezza e umana miseria.
Scrive il prof. David Kepesh nella sua onirica prolusione: "[...] non concordo con alcuni miei colleghi secondo cui la letteratura, nei suoi momenti più validi e interessanti, è <
E allora forza, lasciamo che siano fotografate e pubblicate le nostre paure, scandagliato il nostro desiderio, il male che ci facciamo, il bene che non sappiamo farci bastare mai, la ricerca febbrile di una vita che sfugge sempre, le possibilità che ci neghiamo con ciascuna nostra scelta, e naturalmente l'assurdità della morte, dell'io che termina, la nostra inaccettabile finitezza.
Non il Roth migliore; ma comunque, che gran bella lettura!
martedì 10 maggio 2011
Duraturo
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