“Ma è un romanzo?”
Si. E’ un romanzo. Roth risponde con chiarezza alla solita nostra domanda: …ma Carnovsky è Nathan Zuckerman? E Nathan Zuckerman è realmente Philip Roth?
Questa volta il gioco si fa complesso, realtà e narrazione si intrecciano, i punti di vista sfumano uno nell’altro. Nathan é suo fratello Henry, Maria è Maria, ed è anche Carol con gli stessi boccoli scuri, ed è la shiksa, e la Donna. E quella di Roth è davvero, una volta per tutte, creazione, e non autobiografia. Se poi a qualcuno restasse ancora il dubbio, è sufficiente ascoltare:
“Quella che ho al posto dell’io è una varietà di interpretazioni in cui posso produrmi, e non solo di me stesso: un’intera troupe di attori che ho interiorizzato, una compagnia stabile alla quale posso rivolgermi quando ho bisogno di un io, uno stock in continua evoluzione di copioni e di parti che formano il mio repertorio. Ma sicuramente non possiedo un io indipendente dai miei ingannevoli tentativi artistici di averne uno.” Lo dice lui… Nathan Zuckerman!
parole scritte o dette, parole in versi o in prosa, parole per convincere o per ricordare, per confidarsi, redimersi o mentire: questo spazio è dedicato alla lettura, alla scrittura, e alla vita.
sabato 18 dicembre 2010
martedì 30 novembre 2010
Un'innocente crudeltà
Bambini fin troppo innocenti, fin troppo crudeli, con una consuetudine estrema con la morte, il sangue, il male; bambini che sanno provocare il dolore semplicemente immaginandolo, e che non distinguono la realtà dal desiderio.
L'effetto è trasognato, spaventoso; e irreale.
L'elogio di Calvino, l'amicizia di Borges intimidiscono, e lo sguardo acuto della Ocampo in copertina suggerisce fiducia; e pure, alla fine dei racconti, rimane il desiderio di un tono un po' più basso, quotidiano, e di uno sguardo alle reali crudeltà dei bambini veri.
L'effetto è trasognato, spaventoso; e irreale.
L'elogio di Calvino, l'amicizia di Borges intimidiscono, e lo sguardo acuto della Ocampo in copertina suggerisce fiducia; e pure, alla fine dei racconti, rimane il desiderio di un tono un po' più basso, quotidiano, e di uno sguardo alle reali crudeltà dei bambini veri.
lunedì 15 novembre 2010
Venuto al mondo
Non so cosa ho appena letto.
Un manuale di storia. Un diario intimo. Una visione allucinata.
Venuto al mondo di Margaret Mazzantini è un libro pieno di difetti.
Un manuale di storia. Un diario intimo. Una visione allucinata.
Venuto al mondo di Margaret Mazzantini è un libro pieno di difetti.
Difetti di stile.
“La vedo come fosse adesso… un volto proletario, sofferto, eppure infinitamente dolce. Una di quelle persone benefiche che incontri per caso e ti viene voglia di abbracciare, perché ti sorridono dal fondo della loro esperienza umana e di colpo ti risarciscono dell’altra metà del mondo, quella accasciante delle persone rinserrate nella loro pozza di buio.” (p. 27)
“Le ciglia chiuse nel bianco delle palpebre sono un filare di alberi spogli nella neve… terra tagliata in due da una trincea.” (p. 37)
“Sarajevo adesso sembra una donna distesa, le strade sono tagli sul vestito di una sposa.” (p. 43)
Periodi come questi, barocchi, eccessivi, non invitano a continuare; le prime cento pagine le ho lette solo per affetto verso chi questo libro me l’ha regalato.
“La vedo come fosse adesso… un volto proletario, sofferto, eppure infinitamente dolce. Una di quelle persone benefiche che incontri per caso e ti viene voglia di abbracciare, perché ti sorridono dal fondo della loro esperienza umana e di colpo ti risarciscono dell’altra metà del mondo, quella accasciante delle persone rinserrate nella loro pozza di buio.” (p. 27)
“Le ciglia chiuse nel bianco delle palpebre sono un filare di alberi spogli nella neve… terra tagliata in due da una trincea.” (p. 37)
“Sarajevo adesso sembra una donna distesa, le strade sono tagli sul vestito di una sposa.” (p. 43)
Periodi come questi, barocchi, eccessivi, non invitano a continuare; le prime cento pagine le ho lette solo per affetto verso chi questo libro me l’ha regalato.
Difetti di realismo, in un racconto che per molti aspetti è quasi documentaristico.
Come può Gemma sparire per mesi, e poi ripresentarsi al lavoro come niente fosse e sentirsi dire “Dove ti eri cacciata? Sei un caporedattore!” Precario. Ma come, tutto qui? E il timore di perdere un traballante posto di lavoro? E la meschina contabilità di giorni e ore di permesso, tanto nota a qualsiasi dipendente? E le bollette, e il conto della spesa? Gemma non vive di rendita, men che meno Diego che si permette di scattare foto senza pellicola, e lei mai una volta che brontoli, che si lamenti, di cosa camperemo?
Come può Gemma sparire per mesi, e poi ripresentarsi al lavoro come niente fosse e sentirsi dire “Dove ti eri cacciata? Sei un caporedattore!” Precario. Ma come, tutto qui? E il timore di perdere un traballante posto di lavoro? E la meschina contabilità di giorni e ore di permesso, tanto nota a qualsiasi dipendente? E le bollette, e il conto della spesa? Gemma non vive di rendita, men che meno Diego che si permette di scattare foto senza pellicola, e lei mai una volta che brontoli, che si lamenti, di cosa camperemo?
Difetti di prospettiva.
D’accordo l’io narrante, d’accordo che ognuno è centro a se stesso. Ma di cosa mai soffrivano gli occhi di Diego, oltre naturalmente che di un metaforico dolore dell’osservare il dolore? A cosa era dovuta la sua tosse? Cosa pensava delle attese negli studi di medici e psicologi, era anche suo il desiderio di essere genitore, come è arrivato a decidere o accettare di sposarsi… Personaggio vicino, vicinissimo, ma quasi ignoto. Tutto gira intorno a Gemma, tutti girano intorno a Gemma e rimangono sullo sfondo del suo desiderio, del suo dolore, del suo timore di essere abbandonata. In fondo Gemma rimane sempre la ragazzina viziata che era all’inizio; e 530 pagine di questo sono davvero un po’ troppe…
D’accordo l’io narrante, d’accordo che ognuno è centro a se stesso. Ma di cosa mai soffrivano gli occhi di Diego, oltre naturalmente che di un metaforico dolore dell’osservare il dolore? A cosa era dovuta la sua tosse? Cosa pensava delle attese negli studi di medici e psicologi, era anche suo il desiderio di essere genitore, come è arrivato a decidere o accettare di sposarsi… Personaggio vicino, vicinissimo, ma quasi ignoto. Tutto gira intorno a Gemma, tutti girano intorno a Gemma e rimangono sullo sfondo del suo desiderio, del suo dolore, del suo timore di essere abbandonata. In fondo Gemma rimane sempre la ragazzina viziata che era all’inizio; e 530 pagine di questo sono davvero un po’ troppe…
E pure, superate le prime cento pagine, il romanzo ha catturato la mia attenzione e non sono riuscita più a staccarmene, ho dormito poco e dormendo lo sognavo, mi pareva più reale del reale. Parlava di maternità e mi induceva a dare un’occhiata al sonno dei miei figli; parlava di guerra e mi faceva sentire in colpa per tutte le cose di cui non mi sono accorta al momento giusto, e migliore perché ora le conosco meglio; parlava di amore e mi sembrava di essere io quella che ama, e non ama più, e aspetta, e ancora aspetta, e poi forse non aspetta più… Non ho più fatto caso a certe frasi eccessive, forse ce n’erano di meno forse ci avevo fatto l’abitudine. Ho sorvolato sulla scarsa tenuta di alcuni personaggi. Ho finto di non accorgermi delle tante ripetizioni. E mi sono chiesta è possibile che la Mazzantini abbia davvero narrato una storia universale, capace di toccare corde intime, di raggiungere qualcosa che in fondo ci riguarda tutti?
Mi piacerebbe credere di aver letto un buon romanzo; ma ho lasciato passare qualche giorno e rimango circospetta e sospettosa. Piuttosto, credo e temo che Venuto al mondo sia il risultato ben riuscito di una attenta strategia editoriale. Un po’ di amore, un po’ di guerra; la ricerca della maternità; un anticonformismo addomesticato, rassicurante; poi l’attualità, un tocco di precariato, frivolezze da parrucchiere per autocompiacersi… et voilà.
Sfoglio la carta leggera, la copertina lucida della collana Grandi Bestsellers; e in trasparenza vedo un mondo di editor che scrivono e riscrivono a comando, dividendosi il lavoro per capitoli; direttori editoriali che fissano scadenze per la prima, seconda, terza ristampa, il lancio natalizio, la promozione estiva dell’edizione economica, perfetta da leggere in spiaggia con i lucciconi sotto l’occhiale da sole; dirigenti amministrativi che contrattano grandi anticipi e programmano come e in quanto tempo rientrare nelle spese; sceneggiatori che fin dall’inizio lavorano per la versione cinematografica (Gemma sarà Penelope Cruz, che vi piaccia o no; secondo me somigliava di più a Giovanna Mezzogiorno. Regista, indovinate un po’? Sergio Castellitto).
Sfoglio la carta leggera, la copertina lucida della collana Grandi Bestsellers; e in trasparenza vedo un mondo di editor che scrivono e riscrivono a comando, dividendosi il lavoro per capitoli; direttori editoriali che fissano scadenze per la prima, seconda, terza ristampa, il lancio natalizio, la promozione estiva dell’edizione economica, perfetta da leggere in spiaggia con i lucciconi sotto l’occhiale da sole; dirigenti amministrativi che contrattano grandi anticipi e programmano come e in quanto tempo rientrare nelle spese; sceneggiatori che fin dall’inizio lavorano per la versione cinematografica (Gemma sarà Penelope Cruz, che vi piaccia o no; secondo me somigliava di più a Giovanna Mezzogiorno. Regista, indovinate un po’? Sergio Castellitto).
Mi dispiace, ma non mi fido.
domenica 14 novembre 2010
giovedì 4 novembre 2010
Tutti i figli di Dio danzano
Si comincia a leggere, ed ecco apparire uno dei mondi surreali che Murakami sa così bene evocare; ma non c'è poi abbastanza tempo per ambientarsi e cominciare a capire il luogo e le sue regole, per essere sconfessati e perdersi di nuovo, e una volta disorientati abbandonarsi alla lettura sospendendo il giudizio realistico e farsi trascinare dalla corrente... Manca insomma il bello di leggere Murakami. I racconti sembrano, tutti, abbozzi di romanzo; alcuni forse lo sono, o ne sono piuttosto il ricordo.
Curiosamente, l'ultimo racconto contiene il ritratto di un giovane scrittore incapace di affrontare la vita reale, né di scrivere altro che racconti brevi, senza respiro, senza coraggio. Per l'uomo, l'esito è felice; lo scrittore, diventa alla fine Murakami romanziere.
Curiosamente, l'ultimo racconto contiene il ritratto di un giovane scrittore incapace di affrontare la vita reale, né di scrivere altro che racconti brevi, senza respiro, senza coraggio. Per l'uomo, l'esito è felice; lo scrittore, diventa alla fine Murakami romanziere.
mercoledì 15 settembre 2010
Frivolezza
Glam Shine Blush Dazzling Glamorous Lip-Pumping Effect
(Scritto sulla confezione di un lucidalabbra trovato come omaggio in una confezione di shampoo. Le maiuscole sono nell'originale.)
sabato 11 settembre 2010
Parole tout-court
In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore.
[Raymond Carver, Il mestiere di scrivere]
[Raymond Carver, Il mestiere di scrivere]
mercoledì 8 settembre 2010
Potere (delle parole)
Vi sposerete presto, disse Adelina a un tratto.
Le due restarono con la falce in mano a guardarla: E tu come lo sai?
L'ho visto lì rispose Adelina, indicando col dito due uccellini che giravano in tondo attorno alla cima di un pioppo. Quello è un anello di matrimonio.
Cosa?
Le due abbandonarono la falce e le si fecero vicinissime, e la assediarono di domande. Come, dove, quando, con chi?
Adelina allora si rese conto di aver scatenato una tempesta nell'animo di quelle due. E capì allo stesso tempo di aver commesso un grave errore: si era svelata per quello che era, una ianara.
Cercò di rimediare.
Ma scherzavo, disse, fingendo di ridere. Davvero ci avete creduto?
Le due ragazze, però, neanche la sentivano, e insistevano: e cosa hai visto? e com'era? e fra quanto?
Non ho visto niente, cercava di convincerle Adelina, ho detto così perché siete giovani e belle ed è normale che un marito lo troverete.
Allora le due smisero di fare domande e ripresero a falciare, ma poiché le parole, una volta dette, non possono essere ritirate, e agiscono e producono effetti in chi le ha ascoltate, nel fondo dei loro pensieri si produsse qualcosa che era insieme speranza e certezza. Così eccole ridere per niente, farsi più sfrontate, provocare i maschi che lavoravano nei campi e che erano venuti anche dai paesi vicini per la mietitura.
Diventarono anche più belle, perché la speranza accese i loro sguardi e perfezionò il loro portamento, che divenne più eretto quando con le brocche o i cesti sulla testa passavano davanti ai contadini.
E il tre settembre, festa di san Gregorio, le due ragazze, già con le pance, si sposarono nella chiesa di Sant'Eustachio.
[Licia Giaquinto, La ianara]
Le due restarono con la falce in mano a guardarla: E tu come lo sai?
L'ho visto lì rispose Adelina, indicando col dito due uccellini che giravano in tondo attorno alla cima di un pioppo. Quello è un anello di matrimonio.
Cosa?
Le due abbandonarono la falce e le si fecero vicinissime, e la assediarono di domande. Come, dove, quando, con chi?
Adelina allora si rese conto di aver scatenato una tempesta nell'animo di quelle due. E capì allo stesso tempo di aver commesso un grave errore: si era svelata per quello che era, una ianara.
Cercò di rimediare.
Ma scherzavo, disse, fingendo di ridere. Davvero ci avete creduto?
Le due ragazze, però, neanche la sentivano, e insistevano: e cosa hai visto? e com'era? e fra quanto?
Non ho visto niente, cercava di convincerle Adelina, ho detto così perché siete giovani e belle ed è normale che un marito lo troverete.
Allora le due smisero di fare domande e ripresero a falciare, ma poiché le parole, una volta dette, non possono essere ritirate, e agiscono e producono effetti in chi le ha ascoltate, nel fondo dei loro pensieri si produsse qualcosa che era insieme speranza e certezza. Così eccole ridere per niente, farsi più sfrontate, provocare i maschi che lavoravano nei campi e che erano venuti anche dai paesi vicini per la mietitura.
Diventarono anche più belle, perché la speranza accese i loro sguardi e perfezionò il loro portamento, che divenne più eretto quando con le brocche o i cesti sulla testa passavano davanti ai contadini.
E il tre settembre, festa di san Gregorio, le due ragazze, già con le pance, si sposarono nella chiesa di Sant'Eustachio.
[Licia Giaquinto, La ianara]
martedì 7 settembre 2010
Kafka sulla spiaggia
Come in "La fine del mondo e il paese delle meraviglie", due storie convergono. Forse. Forse convergono. Forse sono due.
Più si procede nella lettura, più la narrazione coinvolge, avvolge, disorienta; fino a quando si smette di cercare il significato e ci si abbandona semplicemente alla lettura, ci si arrende alla corrente.
Poi, l'unico modo di uscirne è arrivare alla fine.
Più si procede nella lettura, più la narrazione coinvolge, avvolge, disorienta; fino a quando si smette di cercare il significato e ci si abbandona semplicemente alla lettura, ci si arrende alla corrente.
Poi, l'unico modo di uscirne è arrivare alla fine.
martedì 24 agosto 2010
martedì 17 agosto 2010
Pari opportunità
inchina e sforza l’uno e l’altro sesso
a quel suave fin d’amor, che pare,
all’ignorante vulgo un grave eccesso;
perché si de’ punir donna o biasimare,
che con uno o più d’uno abbia commesso
quel che l’uom fa con quante n’ha appetito,
e lodato ne va, non che impunito?
[Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, IV, 66]
....che poi in realtà non sto citando Ariosto, ma l'impagabile Paolo Nori.
sabato 14 agosto 2010
Sorgente di vita
Medjugorje, vista da qui, fa tutto un altro effetto. Certo è uguale a ogni altra meta recente di pellegrinaggio: un nulla intorno al quale hanno versato tonnellate di cemento per costruire brutti alberghi e abitazioni peggiori, e una chiesa brutta. Intorno, i soliti infiniti negozietti tutti uguali, pieni di oggetti di pessimo gusto. Non so se mi è piaciuto di più il rosario in plastica bianca finto calcare; oppure, e propendo per questa seconda possibilità, la bottiglietta di plastica con la foto della madonna, di plastica pure lei. Bottiglietta d'acqua, certo. Peccato che Medjugorje sia totalmente arida, peccato che il suo luogo più santo sia una collina brulla e bruciata e coperta solo di arbusti. E allora, perché una bottiglia? Per affinità con Lourdes, immagino.
Molto concettuale.
Però quello che fa pensare qui è che siamo solo a trenta chilometri da Mostar, e di minareti non c'è nemmeno l'ombra. Che più ci si avvicinava, più le case erano grandi, e occidentali, e ricche - con giardini, e piscine, e macchine nuove parcheggiate fuori. Fa pensare, il numero di bandiere croate esposte alle finestre. E fa pensare anche che le apparizioni siano cominciate nel 1981; giusto un anno dopo la fine di Tito...
Credevo di passare di qui e non vedere "niente"; invece, ho trovato molto.
Posso anche dire con sicurezza che questo luogo NON favorisce la pace spirituale; di certo, non la mia.
venerdì 13 agosto 2010
Tuffo nella Neretva
Acqua fredda ghiacciata, dopo pochi secondi paralizza le cosce, poi i piedi, quindi le mani. Conviene virare verso terra, prima che la corrente abbia la meglio.
L'acqua scorre veloce; è verde. Forse troppo verde. Con tutto il male che c'è stato tra gli uomini, è difficile pensare che si sia rispettato un fiume. Quali veleni scorrono sotto la sua superficie? Sulla pelle sento un odore strano; ma forse è solo paura.
Ventuno metri più in alto, un ragazzo si sporge oltre la balaustra, ancora troppo bianca e troppo poco credibile, del nuovo Ponte Vecchio; in un cappello raccoglie le offerte dei turisti, raggiunta una cifra sufficiente si tufferà. Però, sarà la crisi, passa un quarto d'ora e il tuffatore risale oltre la ringhiera. Se ne va al bar.
martedì 10 agosto 2010
Ramadan
Ramadan è un mese in cui non si mangia dall'alba al tramonto, e non si beve mai. Per questo, ci hanno detto, nei giorni precedenti bisogna fare molta attenzione per la strada: molti, non potendo più farlo tanto a lungo, bevono ora, e dopo guidano ubriachi. E' vero, noi li abbiamo visti.
Ramadan incomincia domani. Già da ieri, nelle moschee, c'è un'agitazione nuova. Si spostano paraventi, si passa l'aspirapolvere su infiniti tappeti, e da questa mattina su ogni minareto sventola una bandiera triangolare verde brillante, che contro l'azzurro del cielo sta bene, e fa allegria.
Ormai è buio già da un poco. Lungo i vicoletti intorno alla moschea si affrettano un po' tutti. Gli uomini non si notano molto; ma tra le donne, è tutta una risatina, tutta una corsa. Passa un gruppo di ragazzine: jeans aderenti, zainetti, sandali di vernice rossa con zeppe e tacchi alti, le unghie smaltate, vistose; e sui capelli, il velo. Passa una mamma, bellissima, e mentre affretta il passo dalla borsa estrae il suo foulard scuro; pochi passi dietro la sua bimba, scarpine bianche luccicanti, minigonna di jeans, un caschetto di capelli biondi, si affanna e, anche lei, dalla borsetta come un prestigiatore fa uscire il suo minuscolo velo: color fucsia, che sembra una piccola Winx. La moschea è piena, così pure il portico. Nel cortile i ritardatari stendono tappati su tappeti. Dalle prime file, donne già inginocchiate si alzano parlando al cellulare, si girano, cercano le amiche - vieni, che ti ho tenuto il posto! Sembra natale, ci sono anche le lampadine bianche sugli alberi. Gli uomini, si somigliano tutti; tra le donne, non ce n'è due di uguali. Ognuna ha il suo colore, il suo stile. Una ragazza magra avvolge i capelli in un velo nero che raccoglie stretto sulla nuca; sua nonna si appoggia semplicemente una stoffa sui capelli e la annoda sotto il mento. Si avvicina una ragazza: indossa sandali verdi e pantaloni larghi bianchissimi, una maglia bianca leggera e aderente con il collo alto; sopra, un'altra maglietta larga, scollata, verde brillante, e un velo pure verde, cangiante. Risplende. Si specchia in una vetrina, si aggiusta il velo e il trucco, forse anche l'espressione degli occhi; e solo a questo punto, entra anche lei nel cortile, giusto dopo due donne sui sessanta con grandi occhiali grandi culi e capelli ossigenati.
Risuona un canto, una voce maschile che richiama alla preghiera. In pochi attimi tutte sono in ginocchio, le mamme le nonne le bambine eccitate; questa scena si, la conosco già: donne velate, negate, sottomesse, isolate dagli uomini in metà dello spazio. E pure... l'insieme è di grande bellezza, all'improvviso anche di raccoglimento; e a me sembra che sotto quei veli ci sia molta verità, e sopravviva la consapevolezza di una femminilità che noi, che osserviamo la scena dai margini del cortile, con le nostre magliette scollate e gonne corte e abbronzature studiate, non sempre riusciamo a tenere a mente.
lunedì 9 agosto 2010
domenica 8 agosto 2010
Bosnia. Il catalogo è questo.
Passiamo il confine alle 21.30. Abbiamo percorso quasi quattrocento chilometri di autostrada croata, tutti scorrevoli, puliti, monotoni. Ora è buio pesto, ma la strada è comunque più illuminata e in condizioni migliori
rispetto alle nostre vaghe e un po' cupe aspettative. Per qualche decina di chilometri è tutto un susseguirsi di distributori di benzina, tantissimi, dai nomi sconosciuti (scopriremo poi che qui è possibile dare al distributore il nome di famiglia, o uno di fantasia come a qualsiasi altro negozio: benzina Mario Rossi e Figli, ma anche, e ci hanno pensato di sicuro, NonSoloDiesel) e tutti aperti fino a tardi, presidiati da ragazzi e ragazze che, come in qualsiasi altro posto, vendono coca cola e gomme da masticare. Ci chiediamo dove trovino clientela, tutti questi distributori; ma ecco che di fianco alla macchina vediamo scorrere depositi di pneumatici, parcheggi di camion, fabbriche di ceramiche, di infissi per finestre, di pvc, e poi depositi con pile di pallet, di mattoni, di grandi oggetti indecifrabili in metallo; e poi caffè, discoteche, motel e un'infinità di sale da bingo. Il traffico è intenso e molto scomposto, e lungo la strada, nel buio più completo, è una sfilata continua di ragazzi e ragazze che camminano, da soli, in coppia o in gruppo, davanti a case impossibili, tutte recenti, a due o tre piani, barocche di balconi bovindi vetrate verande, e ancora archi, torrette e decori, molte non ancora intonacate ma già abitate, con la biancheria stesa in balconi senza ringhiera, costruite magari sotto il piano stradale, senza gusto, senza cura. Siamo entrati in Bosnia, e questo è ciò che abbiamo visto.
venerdì 30 luglio 2010
Giòco
Oggi ho scoperto www.dizionario-italiano.it
E' nuovo, almeno per me che non l'avevo mai visto; e il commento che sorge è: FINALMENTE!!!
Lo metto subito alla prova con una parola impegnativa.
Voglio vedere se mi parlerà di divertimento; di rischio; della necessità di mettersi in gioco, se davvero ci si vuole "divertire" (poi, del divertimento torneremo a parlare più avanti). Voglio vedere se mi ricorderà che per poter giocare è necessario che ci siano disequilibrio, distanza, differenza; che ci sia gioco, appunto, spazio per muoversi, margine, non perfetta coincidenza.
Vediamo allora cos'è il gioco, secondo il dizionario che ho appena scoperto:
E' nuovo, almeno per me che non l'avevo mai visto; e il commento che sorge è: FINALMENTE!!!
Lo metto subito alla prova con una parola impegnativa.
Voglio vedere se mi parlerà di divertimento; di rischio; della necessità di mettersi in gioco, se davvero ci si vuole "divertire" (poi, del divertimento torneremo a parlare più avanti). Voglio vedere se mi ricorderà che per poter giocare è necessario che ci siano disequilibrio, distanza, differenza; che ci sia gioco, appunto, spazio per muoversi, margine, non perfetta coincidenza.
Vediamo allora cos'è il gioco, secondo il dizionario che ho appena scoperto:
1 sm - l'atto, il modo del giocare
Naturalmente. Quasi tautologico.
2 sm - esercizio di forza o di destrezza
Il gioco delle tre carte? Un gioco di potere?
3 sm - quanto è necessario per giocare (carte, pedine, attrezzi, ecc.)
E va bene: il gioco dell'oca, il gioco degli scacchi.
4 sm - la partita e anche la posta d'essa
Ecco, qui comincia a diventare più interessante...
5 sm - nei giochi di carte, la situazione in cui si trova il giocatore
Non gioco a carte. Dovrei?
6 sm - in certi sport, specialmente nel tennis, ciascuno dei periodi in cui è suddiviso l'incontro
E di qui... passo la palla.
7 sm - [in senso figurato] azione o circostanza che implica incertezza e rischio
Finalmente cominciamo a fare sul serio! Ovvero... a divertirci. Evviva i sensi figurati, evviva il rischio.
8 sm - [in senso figurato] interesse, vantaggio
Questo gioco... mi fa gioco.
9 sm - [in senso figurato] scherzo, celia
E non prenderti gioco di me! Chiaro? Si, si... dico a te, hai capito benissimo!
10 sm - [in senso figurato] beffa, scherno
...devo ripetere?
11 sm - [in senso figurato] finzione, artificio
'tanto, è solo un gioco... no?
12 sm - il piccolo spazio compreso tra le superfici affacciate di due elementi meccanici accoppiati
Eccolo!!! Ecco il significato che cercavo. Sta tutto qui. Per giocare insieme, è necessario essere diversi.
www.dizionario-italiano.it... promosso!
www.dizionario-italiano.it... promosso!
venerdì 23 luglio 2010
Monotasking
E' il contrario di multitasking e vuol dire "fare una cosa alla volta"; che potrebbe anche essere una cosa normale, se solo... non lo fosse più da un pezzo.
E' opinione abbastanza diffusa che monotasking siano gli uomini, multitasking le donne.
Si, forse il multitasking è cosa da donne. Ma per necessità, mica per scelta.
E' opinione abbastanza diffusa che monotasking siano gli uomini, multitasking le donne.
Giorno: leggere la mail dell'ufficio + rispondere al telefono + rivedere il verbale + archiviare fascicolo chiuso + aprire fascicolo nuovo + inviare pro memoria a collega + bere caffè + ...................
Sera: leggere la mail di casa + stendere biancheria lavata + buttare l'occhio al telegiornale + mescolare il sugo per la pasta + avviare la lavatrice + mandare un sms di auguri + annotare lista della spesa + telefonare a amica/mamma/cognata + ..............
Si, forse il multitasking è cosa da donne. Ma per necessità, mica per scelta.
giovedì 22 luglio 2010
Aratura
Pure, l’andare a capo – una forma minima di versificazione – conserva una sua ragione, che consiste nella simulazione di un’aratura della pagina secondo il ritmo temporale delle giornate. La poesia come espressione di un’antica sapienza rurale si contrappone al tempo lineare, prosastico, del profitto capitalista.
[S.R.]
[S.R.]
mercoledì 21 luglio 2010
Ritonalizzare
Questa è una parola nuova che ho sentito tempo fa.
L'ha detta una ragazza con la maglietta nera, la pelle bianca, gli occhi azzurri e i capelli viola, mentre avvolgeva della carta stagnola intorno a una ciocca dei miei, di capelli.
- Casomai passi di qui, e li ritonalizziamo.
Ha detto proprio così: Li ritonalizziamo.
L'ha detta una ragazza con la maglietta nera, la pelle bianca, gli occhi azzurri e i capelli viola, mentre avvolgeva della carta stagnola intorno a una ciocca dei miei, di capelli.
- Casomai passi di qui, e li ritonalizziamo.
Ha detto proprio così: Li ritonalizziamo.
venerdì 9 luglio 2010
Persona
Persona è la maschera.
Lo sapeva bene Bergman;
e ora lo ricordo meglio anche io.
Ricordo anche un tempo lontanissimo e perduto in cui, magari alle due di notte, la tv proponeva delle rassegne imperdibili, tutto Fellini, tutto Bergman, tutto Bunuel; e noi ancora ragazzi ci si cimentava con tutto Nanni Moretti in vhs nel salotto di casa... ma era tanto, tanto tempo fa.
giovedì 8 luglio 2010
Borsa
La mia borsa oggi contiene:
- un’agenda dell’anno 2010, rossa
- il depliant di un festival di tango dove non andrò (provincia di Lecce, prima settimana di agosto)
- un borsellino portamonete color giallo ocra
- una confezione di pastiglie di cortisone da 1 mg
- un quaderno per appunti quadrato10x10 cm in carta riciclata con copertina viola
- una copia di When red is black di Qiu Xiaolong in edizione tascabile e in lingua originale (inglese)
- un portafogli rosso
- una confezione semivuota di gel mani igienizzante con antibatterico
- spazzolino e dentifricio
- il quaderno di appunti del corso di Iconologia e iconografia del 1997
- un blocchetto di buoni pasto da sette euro, con otto buoni ancora da utilizzare
- due salvaslip in confezione ripiegata, rosa
- un paio di scarpe décolleté tacco nove, non da ballo, scamosciate e verdi
- una confezione vuota di gomme da masticare allo xilitolo, qualunque cosa sia lo xilitolo
- un pacchetto di inviti al settimo compleanno di una bambina
- un deodorante neutro roll-on
- un accendino
- una memory key da 124 MB (pochissimo, lo so)
- un mini-spray dopopuntura immediato sollievo dalle punture degli insetti
- un rossetto color rosso bruno, perlato
- un tesserino di presenza magnetico, giallo
- una penna biro nera; una penna con punta in metallo 0.4 a inchiostro liquido nero; una a inchiostro rosso; una a inchiostro viola; una matita a mina retrattile 0.5
- il depliant del festival della filologia, che comincia oggi ma io non ci vado
- una caramella rossa, una verde
- due elastici rosa per capelli, e uno piccolissimo blu
- due forcine per capelli decorate con fiori di lana cotta, una rosa, una azzurrarancioverde
- un pacchetto di fazzoletti di carta, quasi finito
- una manciata di scontrini accartocciati.
Sono quasi certa che tutto questo significhi qualcosa.
sabato 3 luglio 2010
lunedì 14 giugno 2010
Cronaca locale (14 giugno 2010)
Recita la locandina:
STRANGOLA
LA MOGLIE
IN MANETTE
Importanza della punteggiatura...
STRANGOLA
LA MOGLIE
IN MANETTE
Importanza della punteggiatura...
domenica 14 febbraio 2010
lunedì 18 gennaio 2010
Attesa
Una mattina normale: ho bevuto il caffè, preparato lo yogurt con lo zucchero di canna e un biberon di latte, mi sono lavata, vestita, truccata, pettinata, ho vestito i bambini-preparato la merenda-chiuso la cartella, sbrinato il parabrezza, allacciato le cinture, percorsolastrada parcheggiatolamacchina accompagnatoibimbiascuola; ero sveglia da un'ora e venti e mi sentivo leggermente in colpa.
Poi capita che quando si balla, o quando semplicemente un uomo ti guarda, la cosa migliore da fare, l'unica giusta, sia non fare nulla, stare ferma, e aspettare.
E capita di non esserne capaci, e intuire che è un peccato.
Iscriviti a:
Post (Atom)